Naufragio di Crotone e i motivi per accogliere (corriere.it)

di Gian Antonio Stella

«Con grande tristezza abbiamo appreso che 80 rifugiati afghani, tra cui donne e bambini, che stavano viaggiando dalla Turchia verso l’Italia su una barca di legno, sono annegati nel mare del sud Italia», aveva scritto giorni fa il ministero degli Esteri di Kabul, aggiungendo: «l’Emirato islamico dell’Afghanistan prega per il perdono dei martiri». Parole che, poiché tutti scappavano come la giornalista Torpekai Amarkhel proprio per sfuggire ai talebani, sono suonate sinistre e ambigue.

Lo stesso ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha tuttavia confermato (ampliandole) le nazionalità coinvolte: «I sopravvissuti sono afghani, iraniani, pachistani, palestinesi, siriani e somali». Conclusione: tolti i criminali scafisti, da processare e sbattere in galera, tutti i passeggeri di quella nave avevano diritto a essere accolti come rifugiati politici. E non per una benevola concessione del governo di destra ma perché, al di là del dovere morale, lo dicono la legge, la Costituzione, le regole europee.

Riconosciute del resto dallo stesso esecutivo guidato dalla Meloni (in contraddizione plateale con la ripresa dei respingimenti alla frontiera con la Slovenia dei profughi sulla rotta balcanica) al momento di accogliere giustamente gli ucraini in fuga dalle loro terre invase dei carri armati russi. Anche i naufraghi di Cutro erano in fuga da una delle altre 59 guerre in corso nel nostro pianeta. Quindi andrebbero accolti esattamente come sosteneva Matteo Salvini il 10 settembre 2015 («Accogliere chi scappa dalla guerra? Subito, anche a casa mia, verifichiamo solo quali sono i Paesi dove sono in atto conflitti. Ospiterei un profugo nel mio appartamento, anche se ho un bilocale») e poi il 21 giugno del 2018.

Quando affermò, da ministro dell’Interno, che i profughi «veri» andavano distinti da quelli «finti» e che solo il 7% fuggiva davvero da una guerra: «Quindi cosa fa un ministro, un Governo e un padre di famiglia? Quei 7 su 100, spesso e volentieri donne e bambini, hanno in casa mia casa loro. Perché se scappano davvero dalla guerra vanno trattati con i guanti bianchi. Gli altri però non possono bivaccare in giro mentre gli paghiamo colazione, pranzo e cena». Per capirci: mai e poi mai immigrati economici. Esattamente ciò che erano i nostri nonni emigrati. Ai quali non passò mai per la testa che l’emigrazione non fosse un diritto.

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