Tre anni fa Conte fece sfilare l’esercito russo in Italia, ovvio che oggi non voglia aiutare l’Ucraina (linkiesta.it)

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Nemici miei

Era il 23 marzo 2020 quando ventidue mezzi militari di Mosca con a bordo oltre cento uomini risalirono l’Italia rinchiusa in casa dal lockdown. Una delle pagine più imbarazzanti e tragicomiche della nostra storia, che spiega però perché i volenterosi complici di Putin ancora adesso si battano per la resa di Kyjiv e non chiedano mai al Cremlino di fare l’unica cosa che fermerebbe la guerra: lasciare in pace gli ucraini e tornarsene a casa

Mentre i suprematisti russi continuano a bombardare indiscriminatamente le città e i civili ucraini nel tentativo genocida di spezzare la resistenza di un favoloso e coraggioso popolo che lotta ogni giorno per la sopravvivenza fisica e culturale della propria comunità, l’oscena Bieloitalia che va in onda a reti unificate tutte le sere in tv dimentica stranamente di celebrare il terzo anniversario della pagina più umiliante della nostra storia repubblicana recente.

Una pagina surreale, da commedia all’italiana, con protagonisti grotteschi tipo ”Amici miei”, se non fosse per ciò che è successo dopo, ovvero la guerra all’Ucraina e all’Europa scatenata da Vladimir Putin.

Il 23 marzo del 2020, su iniziativa di Giuseppe Conte e di Putin – il bellimbusto di Volturara Appula e il criminale di guerra dell’Aja – allo stesso esercito russo che dal 2022 bombarda ogni giorno gli ucraini è stato consentito di sfilare lungo l’Autostrada del Sole con tanto di bandiere e di coccarde, da sud a nord, mentre l’Italia era rinchiusa in casa dal lockdown, realizzando la più tragicomica sceneggiata geopolitica mai progettata da una mente umana.

Esattamente tre anni fa, una colonna di ventidue veicoli militari russi con a bordo oltre cento addetti dell’esercito e dei servizi segreti di Mosca, di cui solo una trentina medici e infermieri, ha solcato per la prima volta dal secondo dopoguerra il territorio di un paese Nato, dopo essere sbarcata a Pratica di Mare dove era stata accolta dai grillini Luigi Di Maio e Marcello Minenna, ma fortunatamente affiancati dal capo di stato maggiore dell’esercito italiano che riuscì a limitare l’azione di intelligence dell’esercito russo che Gius aveva concesso a Vlad nel corso di una telefonata imbarazzante che resterà nella storia raccapricciante del nostro paese.

Putin era un criminale di guerra già allora, decorato sul campo di battaglia ceceno, siriano, georgiano, ucraino e anche sul fronte interno russo con omicidi mirati di oppositori politici, di dissidenti e di giornalisti e con una strategia stragista da Mosca e a Beslan.

Nonostante ciò, o forse proprio grazie a cotanto curriculum, il duce del Cremlino è stato il beniamino del primo governo Conte, il leader amato da Matteo Salvini, l’alleato formale della Lega, il condottiero ammirato dai Cinquestelle più fessi e anche l’amico carissimo di Silvio Berlusconi, oltre che un riferimento culturale per l’allora oppositrice Giorgia Meloni (la Meloni di governo invece sa come comportarsi, almeno per ora).

Lo sbarco in Italia dell’esercito russo è stata un’operazione di tentato spionaggio e di realizzata propaganda mascherata da aiuti di valore sanitario inesistente e comunque a carico economico del nostro paese.

“Dalla Russia con amore”, così si chiamava l’operazione speciale di Putin, è stata la naturale conseguenza della dipendenza politica da Mosca dell’allora governo “Conte uno” e di parte dell’opposizione, malgrado poi sia arrivata durante il governo “Conte due”, con il Pd al posto della Lega a testimoniare plasticamente la catastrofe civile e morale dell’alleanza tra la sinistra e i Cinquestelle tornata di moda in queste settimane.

I bieloitaliani sono quegli italiani colonizzati dalle fregnacce russe e li vedete ogni sera in tv e anche in Parlamento. I bieloitaliani continuano a manipolare il dibattito pubblico e a condizionare la ferma posizione del nostro paese a sostegno dell’Ucraina, dell’Europa e dell’Occidente liberal-democratico.

I bieloitaliani sono seguaci di uno stravagante tipo di “pacifismo guerrafondaio” che invoca la resa delle vittime, che si batte per non proteggere gli aggrediti, che difende le ragioni imperialiste dell’aggressore dotato di bomba atomica e di palmares da sterminatore di civili.

Mai i bieloitaliani chiedono al genocida di Mosca di fermare i missili, mai lo invitano a ritirarsi dai territori dove ha imposto la pulizia etnica e creato le fosse comuni, mai gli spiegano che non si strappano i bambini ai legittimi genitori e non si deportano nella grande madre Russia per lavargli il cervello, come da secolare tradizione zarista e sovietica.

Al contrario, i sedicenti pacifisti italiani accusano Volodymyr Zelensky di resistere troppo, si bevono i complotti contro la Nato elaborati in Russia come ai tempi dei falsi protocolli dei Savi di Sion, e non sopportano che gli ucraini incredibilmente preferiscano difendersi anziché abbonarsi a Limes.

I sedicenti pacifisti italiani vogliono che gli ucraini si arrendano e non credono che Putin e la Russia siano i responsabili unici della carneficina in Europa.

Il leader di questa volenterosa Italia complice di Putin è il conduttore-unico-del-talk-show-collettivo che quotidianamente diffonde  disinformazione e propaganda servendosi di utili idioti, di saltimbanchi e di quaqquaraquà.

Il leader politico di quest’area è Giuseppe Conte (Salvini è così scarso da essersi fatto superare in putinismo perfino dall’avvocato del populismo). Conte ha accompagnato l’Italia durante la più catastrofica crisi economica e sanitaria della sua storia recente, da cui ne è uscita solo cacciandolo da Palazzo Chigi e mettendoci al suo posto qualcuno in grado di cancellarne ogni traccia nel più breve tempo possibile.

Il Conte prima sovranista, poi berlingueriano, ma sempre putiniano, rappresenta la forma più esatta di trasformismo nichilista di questa epoca. Nel giorno del terzo anniversario di “Dalla Russia con amore”, va sottolineato a imperitura memoria che il Conte che non vuole aiutare gli ucraini a difendersi è colui che ha consentito all’Armata russa di marciare in Italia come nel Donbas.

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