La destra scopre che la militarizzazione della politica è sempre fallimentare (linkiesta.it)

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Strada senza uscita

Gli errori in serie di Meloni e Salvini sul dossier migranti (come sui diritti, sui bambini e tutto il resto) dimostrano che l’approccio “prussiano” basato sull’uso della forza è disastroso in una società democratica

Sulla nuova ondata di sbarchi, la destra italiana oggi al governo semplicemente non sa cosa fare. È sopraffatta dagli eventi. Non ha un linea da seguire. I fatti si stanno incaricando di mettere a nudo la povertà di pensiero di Giorgia Meloni e Matteo Salvini sul tema immigrazione.

Sbraitare un po’ contro l’Europa non basta, anzi non serve a niente se sul tavolo non metti alcunché, e si può arrivare al paradosso che sia l’Europa a ripristinare quella missione “Sophia” che Salvini volle cancellare.

Ma perché la destra è nuda di fronte alla realtà? Per una ragione fondamentale: ha sempre vissuto questa emergenza come un problema “militare” più che politico, nell’illusione “prussiana” basata sulla forza che per risolvere l’epocale questione dello spostamento di milioni di persone fosse sufficiente erigere una difesa appunto di tipo militare: il blocco navale, l’impedimento a far partire migliaia di disperati, il boicottaggio delle forme di assistenza in Italia, l’obbligo di sbarcare in porti lontanissimi.

Ma quando la realtà ha mostrato contro ogni ragionevole dubbio che la risposta militare non è proprio praticabile, ecco che la destra non ha più saputo cosa dire, cosa fare.

Ed è molto probabile che questa incertezza, questa “nudità” davanti al problema, sia almeno una concausa della strage di Cutro: non l’hanno provocata apposta, è che non hanno saputo bene come intervenire. E dunque si procede a tentoni.

Si salva quel barchino, ti sfugge quell’altro – e per fortuna ci sono le navi delle odiate Ong, ce la ricordiamo Meloni quando urlava evocando l’affondamento di una nave non governativa – e alla fine sei costretto ad accogliere tutti, seppure schiumando rabbia, perché i tempi lugubri di quando Salvini vietava l’attracco delle barche dei migranti sono inevitabilmente passati: la Storia non ha nascondigli, e alla fine vince lei.

È chiaro che non erano pronti affatto. Meloni non ha mai saputo costruire una linea, come se si fosse dimenticata del fatto che il Mediterraneo è ormai il mare delle sofferenze, non ha capito che la linea “militare” non sarebbe stata utilizzabile e che neppure in teoria sarebbe stata in grado di affrontare il problema.

La cultura “prussiana”, da Bismarck a Crispi, ha il riflesso condizionato dell’uso della forza – la logica militare – prevalente su quello della mediazione, della soluzione di compromesso, dell’apertura mentale, della ricerca paziente delle soluzioni. La logica politica.

Che è la sola con cui si può affrontare seriamente l’emergenza immigrazione attraverso una molteplicità di strumenti che abbiano due obiettivi: l’aiuto agli Stati da cui fuggono masse imponenti e la salvezza e l’accoglienza di profughi e migranti. Come farlo è certamente molto complesso, e nessuno lo nega.

Il problema è che il governo Meloni – la premier, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – non padroneggiano la politica soprattutto in questo campo, lei ha una logica militare, lui da poliziotto: il risultato è un disastro.

Per questo adesso in Europa l’Italia non è presa sul serio come invece lo era quando il governo era presieduto da Mario Draghi, uno che proponeva ricette politiche. Il governo doveva avanzare una proposta, non una protesta, e ha ragione Elly Schlein quando ieri ha detto che la premier «doveva chiedere una Mare Nostrum europea» e invece non ha fatto niente.

Dalla Tunisia arriveranno molte persone, come ha scritto Francesca Mannocchi, «obbligate a fuggire» dalla spaventosa crisi economica e dall’autoritarismo di Kais Saied. E che facciamo, gli «impediamo di partire», come dice il pessimo Piantedosi? Davvero l’Italia «è sotto attacco», come dice il suo capo politico Salvini?

È inutile girarci intorno: c’è sempre maggior bisogno di politica, dinanzi alle emergenze, a cospetto di populismi di ogni risma, di fronte al malessere delle società democratiche.

Lo stiamo vedendo in Israele, dove imponenti manifestazioni popolari hanno un preciso obiettivo tutto politico, difendere la democrazia, lo Stato di diritto, la separazione dei poteri contro una destra che minaccia tutto questo; e persino in Francia, pur dentro un quadro troppo violento che ricorda più le antiche jacqueries che la Bastiglia, è l’ora della politica, e questo vale naturalmente anche per Emmanuel Macron.

La militarizzazione della politica dunque è una strada senza uscita. Un pessimo affare. Giorgia Meloni usa la radicalizzazione di pensieri e parole – dai diritti, ai bambini, alle Fosse Ardeatine, appunto all’immigrazione – convinta che questa specie di militarizzazione della politica le giovi.

Ma come si vede sul fronte dell’emergenza immigrazione, è follia sperare nei muri e nei blocchi, quando serve una sola cosa, la politica. Se la sapessero fare.

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