Il diritto di respirare. Nel nome di George Floyd (jacobinitalia.it)

di Marie Moïse

Mentre un virus genera una crisi respiratoria 
globale, un uomo nero viene ucciso da un 
poliziotto che lo soffoca con un ginocchio 
sul collo.

Per uscirne bisogna comprendere l’importanza della respirazione oltre i suoi aspetti biologici.

George Floyd è morto soffocato ieri a Minneapolis sotto al ginocchio di un poliziotto che lo teneva fermo mentre l’uomo in arresto con il poco fiato rimasto ha provato a chiedergli di lasciarlo respirare: «I can’t breathe».

Floyd è stato fermato per un controllo mentre era alla guida, ma era nero e tanto basta per trasformare un contatto con la polizia in una condanna a morte. Anche questo ennesimo omicidio poliziesco a sfondo razziale sarà derubricato a «incidente» a opera di una mela marcia. E ogni reazione allo stato di cose verrà punita come «violenza».

Lo abbiamo visto con Michael Brown a Ferguson, Trayvon Martin a Sanford, Eric Garner a New York, il cui ultimo appello al respiro ha rimbalzato sui social network, gli striscioni e le manifestazioni oceaniche affianco alle parole d’ordine che hanno dato corpo al movimento di #BlackLivesMatterleggi tutto

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