Una carriera costruita sull’inespressività, le emozioni contenute e i gesti ridotti all’osso. Da regista, ha proposto storie ruvide e senza retorica (nemmeno quella dei vinti) senza mai cedere al conformismo
Un cinema di eroi stanchi. A volte inconsapevoli, a volte controvoglia. Di poche parole, gesti ridotti all’osso e sguardi fissi. Sì, è il famoso “cappello/non cappello” di Sergio Leone.
Per il regista italiano non voleva essere un complimento: un attore inespressivo non ha molta strada davanti. A meno che non sia Clint Eastwood.
Arrivato a 90 anni, celebrato ormai da tutti (ed è spesso una condanna), è diventato nel corso degli anni un regista acclamato per i suoi film ruvidi, dove le storie quotidiane vengono trasformate in parabole universali.
Ma in cui avviene anche il contrario: le mitologie (americane) vengono raccontate, come il caso di Iwo Jima, attraverso gli occhi privi di retorica della gente comune. In mezzo, eroi anti-eroi: dai sentimenti veri ma trattenuti, dalla carica morale superiore ma inconsapevole, anticonformisti per natura, per scelta o per caso … leggi tutto