di Mario Lavia
I pasquettari
Meloni ha preso il centro del ring e né la malattia di Berlusconi né le sparate dei suoi ministri la impensieriscono. Sul fronte avverso, il Pd guarda sempre più a sinistra, Conte è il nulla mischiato a niente e il Terzo Polo deve capire cosa fare da grande
Le sorprese politiche di questa Pasqua sono tre. La più importante è naturalmente la malattia di Silvio Berlusconi, con tutte le conseguenze sulle quali si interroga soprattutto il mondo di Forza Italia; la seconda riguarda il Terzo Polo e la direzione del Riformista da parte di Matteo Renzi; la terza è la nuova segreteria del Partito democratico annunciata ieri da Elly Schlein.
A proposito dell’impatto che la forzata assenza di Berlusconi dalla politica potrebbe avere sul governo è probabile che Giorgia Meloni non abbia molto da temere nella sostanza da eventuali fibrillazioni degli “azzurri”: i problemi del governo dipendono da fatti reali (Pnrr, immigrazione, prezzi eccetera) più che dai nervosismi nella maggioranza.
E dietro gli aspetti persino pittoreschi o grotteschi delle performance di ministri e dirigenti di Fratelli d’Italia resta la sensazione, a livello di massa, che la premier abbia preso saldamente il centro del ring, mentre l’opposizione sbuffa in acque procellose così che invece di andare a un’opera di chiarificazione e a una tendenziale unità di intenti questa continua a parlare lingue diverse e talvolta incomprensibili.
Lasciando stare Giuseppe Conte – che si è inabissato in un silenzio che in realtà non disturba affatto ma che è comunque singolare – ora che Schlein ha formato la sua segreteria (ventuno persone, un po’ tantine) non ci sono più alibi per rimandare idee, progetti e iniziative del cosiddetto “nuovo Pd”, e già dai prossimi giorni si dovrebbe cominciare a capire quale sia la lettura che il gruppo dirigente dà della situazione italiana e soprattutto come intenda mutare il corso delle cose: quale linea politica, insomma, perché fino ad oggi non si è capita.
La nuova segreteria è a somiglianza della leader, giustamente. Molte facce nuove e sconosciute, il che è un bene come segno di liberazione dei vecchi capibastone e i loro famigli. I più noti sono per lo più – diciamo con termine generico – di sinistra: Peppe Provenzano, Sandro Ruotolo, Cecilia Guerra, Pierfrancesco Majorino, Alfredo D’Attorre, Alessandro Zan, Marta Bonafoni (che dovrebbe essere la numero due, in quanto coordinatrice della segreteria) mentre i riformisti sono in netta minoranza.
Si conferma dunque quello che più volte abbiamo definito «la radicalizzazione del Partito democratico», una sorta di neo-movimentismo che rompe decisamente con una lunghissima tradizione che ha sempre posto al centro il gioco politico, la ricerca di una sintesi e di una visione generale.
Alcune biografie parlano chiaro. Ruotolo viene da Sel, Guerra e D’Attorre da Articolo Uno, l’emergente Bonafoni vanta il classico movimentismo tra radio private, associazionismo, beni comuni, femminismo, ambientalismo: altro che Ds e Margherita, i tempi stanno per cambiare.
È certamente troppo presto per giudicare, ma questo, che pare un panel buono più per i talk show, sarà in grado di dirigere un’organizzazione politica di massa? Sarà il tempo, e fra non molto, a dire se l’operazione avrà funzionato. Mentre il Partito democratico sancisce una volta di più il suo spostamento a sinistra, nel Terzo Polo ci si chiede cosa succederà dopo la decisione di Matteo Renzi di andare a dirigere Il Riformista, stando peraltro fuori dagli organismi dirigenti del Terzo Polo, decisione maturata in gran segreto e addirittura non nota nemmeno a Carlo Calenda il quale, a ragione, tiene a specificare che il nuovo quotidiano non sarà l’organo del partito.
È chiaro che la questione è tutta politica. Questa sorta di doppio binario (giornale e partito) nelle intenzioni di Renzi dovrebbe rappresentare una combinazione produttiva di idee, dibattito e finanche allargamento dell’area d’influenza del Terzo Polo – o come si chiamerà – soprattutto verso i moderati di destra, ma è anche possibile una confusione di messaggi e una sovrapposizione di ruoli fra lui e Calenda tale da complicare il tutto.
La mossa di Renzi, insomma, ripropone una volta di più l’esigenza di un chiarimento interno sulla linea del nascente partito, tenendo conto delle varie novità che stanno emergendo. Dunque anche in questo caso solo il tempo chiarirà come stanno realmente le cose e i ruoli dei due leader.
Quello che si può dire adesso è che che mentre la destra tende a unificarsi e comunque nel bene e nel male riesce a occupare tutta la scena – comprese le follie di Fabio Rampelli e le provocazioni di Ignazio La Russa –, le opposizioni vanno ognuna per conto loro affastellando una Babele di messaggi che va dal corteggiamento di Forza Italia alla sintonia con i centri sociali, addentrandosi in un labirinto politico di cui al momento non si scorge l’uscita.