Perché la maestra che ha fatto recitare le preghiere non andava sospesa ma licenziata

di Alex Corlazzoli

In queste ore si discute molto della maestra 
in provincia di Oristano 

a cui è stato sospeso lo stipendio e l’attività lavorativa per aver fatto recitare in classe l’Ave Maria e il Padre Nostro. Non solo – io penso – hanno fatto bene a farle un provvedimento disciplinare ma quell’insegnante andava licenziata perché ha manipolato le menti di innocenti bambini, li ha obbligati a fare un atto contro la loro volontà (a quell’età nessun bambino si oppone alla maestra); ha abusato della sua libertà d’insegnamento per imporre la propria ideologia cristiana cattolica.

Chi scrive crede di essere ateo, pur frequentando spesso monasteri e preti: lo sono diventato proprio grazie alle preghiere che la maestra Teresa mi imponeva di recitare ogni mattina all’inizio della lezione. Per paradosso ringrazio la mia insegnante perché già in tenera età mi chiedevo: ma chi è ‘sto Spirito Santo?

E questa donna che partorisce un bambino per miracolo? Non mi convinceva nemmeno l’idea che nonno Antonio fosse finito a riposare eternamente in pace vedendo una luce perpetua che era il Signore. Tutto ciò, da giovane, riemerse e mi convinse a pormi e a porre interrogativi più seri fino a rendermi conto di credere di essere ateo.

Ora per assurdo, senza accorgersene, la maestra sarda potrebbe aver fatto, in primis, un danno proprio alla Chiesa cristiana cattolica, provocando in quei bambini qualche sana domanda.

Di là di questo (che avrebbe comunque un minimo di beneficio) vi immaginate se la maestra fosse stata musulmana e avesse fatto recitare qualche sura del Corano? Apriti cielo: sarebbe stata licenziata davvero e avrebbero indagato sul suo conto. È come se io ateo entrassi in classe a leggere testi a favore dell’ateismo o mi mettessi a fare proselitismo per convincere i bambini a non credere in nessun Dio.
Chi si azzarda a dire che quelle preghiere non hanno fatto male a nessuno è ignorante: ignora, non conosce la sfera spirituale dell’infanzia. I bambini a partire dalla più tenera età hanno le loro domande che nascono dall’incontro con la morte di un nonno, di un animale, talvolta di un genitore. Hanno una loro coscienza che si forma nell’esperienza con l’affetto, con il tradimento di un amico/a; con il dolore per un rimprovero, con la rabbia repressa per uno sguardo acido dell’insegnante.
Nessuno, tuttavia, a scuola, dovrebbe imporre loro alcuna idea di un Dio, di una religione da praticare, da recitare. La scuola non ha un compito liturgico.
La scuola già celebra o dovrebbe celebrare la liturgia della vita.

Non è la prima volta che nel nostro Paese accadono cose simili nella scuola. Proprio su questo giornale chi scrive ha raccontato qualche mese fa di una dirigente scolastica della provincia di Cremona che aveva previsto la celebrazione della messa natalizia durante le ore di attività didattica. Quella preside (visto che non era una semplice maestra) non ha subito alcun provvedimento disciplinare e nessuna sospensione dello stipendio.

La maestra Teresa mi faceva recitare le preghiere (e nessuno le diceva nulla, segno di un’Italia bigotta e retrograda da sempre) tra il 1980 e il 1985. Trentotto anni dopo credevo e speravo che non ci fossero più docenti che facevano recitare preghiere. Non è così. L’Italia e la scuola non è cambiata.

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