Critica della ragione suprematista bianca (dinamopress.it)

di Pietro Bianchi

Dietro alle rivolte in seguito all’uccisione 
di George Floyd c’è la realtà di una società 
statunitense profondamente “razzializzata”, 
dove la comunità afro-americana soffre ormai 
in modo strutturale di forme inaccettabili 
di povertà e emarginazione. 

È il segno che il patto sociale razzista su cui si fonda la democrazia americana sta iniziando a scricchiolare.

Prima di George Floyd a Minneapolis c’erano stati Trayvon Martin in Florida, Eric Garner a Staten Island e Michael Brown, da cui partirono le rivolte di Ferguson del 2014. Ma non c’è nemmeno bisogno di andare così indietro nel tempo perché Ahmaud Arbery, 25enne nero che stava facendo jogging in una zona rurale della Georgia e che è stato ammazzato da due bianchi che l’hanno seguito in macchina perché ritenuto “sospetto”, è morto il 23 febbraio di quest’anno. Breonna Taylor è stata uccisa il 13 marzo con otto colpi di pistola dopo che tre agenti di polizia sono entrati nel suo appartamento a Louisville, Kentucky, mentre dormiva in quella che secondo loro doveva essere una “trap-house” e dove invece non c’era traccia di stupefacenti.

Fatti che non hanno avuto la risonanza nazionale di George Floyd solo perché è venuta a mancare la coincidenza di qualcuno che riprendesse la scena con un cellulare. Come ha detto Keeanga-Yamahtta Taylor sul “New York Times” gli Stati Uniti di Trump stanno (irresponsabilmente) finendo il lockdown e tornando alla normalità, e anche questo fa parte della normalità: la regolare e continua uccisione di neri da parte delle forze dell’ordine … leggi tutto

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