Marco Travaglio è un pregiudicato.
Quindi secondo il suo metro di giudizio, forcaiolo e giustizialista, che etichetta le persone sull’altare dei brogliacci delle Procure, non degno di dirigere un giornale. E neppure di essere ospite fisso in tv, come dimostra il grafico che abbiamo elaborato sulle sue presenze a La7. Nel 2000 Travaglio è stato condannato in sede civile a risarcire con 79 milioni di lire Cesare Previti a causa di un articolo in cui lo definiva “futuro cliente di Procure e tribunali”.
Nel gennaio 2010 la Corte d’Appello penale di Roma ha condannato Travaglio per il reato di diffamazione aggravato dall’uso del mezzo della stampa, ai danni di Cesare Previti per l’articolo pubblicato su L’Espresso dal titolo “Patto scellerato tra mafia e Forza Italia”. Travaglio presentò ricorso in Cassazione, che lo dichiarò inammissibile. Non contento il direttore del Fatto Quotidiano ha presentato ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo sostenendo che fosse stata lesa la sua libertà di parola. La Cedu ha dichiarato inammissibile il ricorso. Secondo i giudici di Strasburgo i tribunali italiani hanno ben bilanciato i diritti delle parti in causa, da un lato quello di Travaglio alla libertà d’espressione e dall’altro quello di Cesare Previti al rispetto della vita privata.
I togati hanno dato ragione ai colleghi italiani che hanno condannato Travaglio per aver pubblicato solo una parte della dichiarazione del colonnello dei Carabinieri Michele Riccio “generando così nel lettore – si legge nella decisione della Corte – l’impressione che Previti fosse presente e coinvolto negli incontri riportati nell’articolo”. La Corte ha osservato “che, come stabilito dai tribunali nazionali, tale allusione era essenzialmente fuorviante e confutata dal resto della dichiarazione non inclusa dal ricorrente nell’articolo”.
Travaglio insieme a Peter Gomez ha dovuto risarcire con 15 mila euro l’allora deputato di Forza Italia Giuseppe Fallica per aver scritto nel libro “La Repubblica delle banane”, che era condannato per false fatture. Il 5 aprile 2005 Travaglio è stato condannato dal Tribunale di Roma in sede civile, assieme all’allora direttore de l’Unità, Furio Colombo, al risarcimento a Fedele Confalonieri di 12mila euro più 4mila di spese processuali per averne associato il nome ad alcune indagini per ricettazione e riciclaggio, reati per i quali, invece, non era risultato inquisito.
Sempre a Fedele Confalonieri, Travaglio ha dovuto risarcire duemila, per un articolo pubblicato nella rubrica Uliwood Party su L’Unità.
Il 21 ottobre 2009 è stato condannato in Cassazione al risarcimento di 5mila euro nei confronti del giudice Filippo Verde che il giornalista aveva definito «più volte inquisito e condannato». Travaglio si giustificherà dicendo “avevo scritto “più volte condannato” nel senso del primo e del secondo grado, mentre il giudice ha inteso due volte condannato in via definitiva”, omettendo la sentenza di prescrizione.
Il 22 ottobre 2018, il tribunale civile di Firenze ha condannato Travaglio (in solido con la giornalista Gaia Scacciavillani e con la Società Editoriale Il Fatto) al pagamento di una somma di 95mila euro a titolo di risarcimento per diffamazione verso Tiziano Renzi. Il 16 novembre 2018, in un procedimento relativo alle parole pronunciate nel corso di un’ospitata nella trasmissione “Otto e mezzo”, dove Travaglio è ospite fisso, è stato condannato dal Tribunale di Firenze al pagamento di 50000 euro per diffamazione nei confronti di Tiziano Renzi.
Travaglio disse che “Il padre del capo del governo si mette in affari o s’interessa di affari che riguardano aziende controllate dal governo”, i giudici hanno condannato lui.
Anche se Travaglio, per ognuna di queste sentenze, ha la sua giustificazione e la sua versione dei fatti. Insomma anche se condannato al risarcimento, ha sempre ragione lui. Travaglio è stato anche condannato in primo grado per diffamazione in tre diversi processi contro Giuliano Amato, Beppe Sala, e Maria Elisabetta Casellati.
Pregiudicato, si. Tecnicamente un pregiudicato…