“Chiagni e fotti”, dicono a Napoli.
Piangi, lamentati ma intanto mieti grano e metti in cascina. Questo succede. Giuseppe Conte piange e fotte. Si dice indignato, si veste da barricadero. Dichiara che la sua è una “Opposizione intransigente”. E tanto è indignato e intransigente che appena ha un minuto libero, chiama e incontra chi può, dal centrodestra di governo e dall’area di Giorgia Meloni in particolare, dargli una mano.
Un posticino, una poltrona. Urla ai quattro venti la sua preoccupazione per la Rai lottizzata e subito dopo va a incontrare Gianmarco Chiocci al ristorante. A pranzo, in pieno centro, con l’uomo che Giorgia Meloni ha chiamato a dirigere il Tg1 – e dunque, secondo la retorica grillina, incarnerebbe l’avversario – a dimostrazione che quello sulla Rai è un cantiere aperto e non proprio secondario. Anzi: è il primo interesse del Movimento, consapevole che senza tv non c’è audience, dunque consenso.
Rimanere a viale Mazzini con una compagine composita di autori e conduttori, ma anche (e soprattutto) di direttori e dirigenti. Conte chiede e, spesso, ottiene. Lamenta “l’occupazione della destra sulla Rai”, poi quelli gli fanno strada e lui si accomoda. Al Movimento arrivano posti e poltrone. E l’addio improvviso di Lucia Annunziata – così polemico e così politico, “Non sono d’accordo su niente con questo governo” – sembra lasciare spazio a una ennesima posizione per una giornalista “bollinata” 5 Stelle come Luisella Costamagna. Sarebbe la ciliegina sulla torta della spartizione Rai.
Il Direttore di Rai Parlamento, sospinto dal Movimento, è Giuseppe Carboni, già direttore del Tg1 “mezzo marziano, mezzo cossuttiano”, come lo definirono tra i corridoi di Saxa Rubra. E a dirigere Radio 2 va Simona Sala, graditissima a Conte. Rimane inalterata la sfera di potere di Sigfrido Ranucci, nominato vice direttore “ad personam” del 2020 e da allora, malgrado i terremoti che si sono abbattuti su viale Mazzini, inamovibile. Stavamo per dire: intoccabile.
Per le conduzioni dei format, si fanno largo amici del Movimento che i Cinque Stelle non sapevano di avere. Come ai tempi d’oro di Rocco Casalino, ecco che sono tornati a chiamarlo conduttrici di seconda serata e voci della radio, tutti alla ricerca di un posto al sole della odiatissima, avversata lottizzazione. Così come si fanno strada con le nomine i membri laici del Csm. L’avvocato Francesco Cardarelli, che nel curriculum può vantare di aver aiutato Conte al tribunale di Napoli dove i dissidenti lo avevano sfidato su una questione di legittimità, è diventato membro laico per la giustizia amministrativa.
E l’ex ministro Guardasigilli, Alfonso Bonafede, che fino a quando non è entrato nel Movimento tirava avanti con un piccolo studio di avvocato, oggi può percorrere il tappeto rosso per entrare trionfalmente nel consiglio di presidenza della Giustizia tributaria. In Parlamento il tetris del potere ha già disposto al meglio le sue tessere. I Cinque Stelle hanno stretto sottobanco un patto di ferro con Giorgia Meloni e la sua maggioranza, correndo in soccorso ogni volta. Come per l’elezione del presidente del Senato, quando a La Russa servivano poco più di una dozzina di voti, venuti meno per un dissapore con Forza Italia.
Conte fu generoso e persino premuroso. Immediatamente dopo, guarda caso, la vicepresidenza di Palazzo Madama venne assegnata a Mariolina Castellone. E non è andata male neanche quando venne il momento di eleggere i segretari d’aula. Il Pd, che è la principale forza dell’opposizione, ebbe un solo scranno. Il M5S, che per rappresentanza elettorale viene dopo, ha ottenuto anche in questo caso la generosità di due segretari d’aula: Pietro Lorefice e Marco Croatti. Nessuna rappresentanza per il Terzo polo.
Identico premio per la Camera. La vicepresidenza in questo caso va a Sergio Costa. E ampio spazio ha il Movimento con il Questore della Camera, che viene individuato in Filippo Scerra. Mentre i segretari d’aula diventano anche in questo caso due, per i 5 Stelle: l’onorevole Gilda Sportiello e Roberto Traversi. Numeri utili a rilanciare, ogni volta, le trattative successive. Come le due conclusesi negli ultimi dieci giorni: Vigilanza e Antimafia.
La Commissione di Vigilanza Rai poteva andare a un soggetto meno avvantaggiato, per garantire il pluralismo di tutte le voci. E invece indovinate su chi è andato a finire? Sul M5S, naturalmente. Nella persona di Barbara Floridia. Insegnante di liceo 46 enne che non ha nascosto di non avere particolare dimestichezza con la materia radio-tv. E da ultimo è arrivato lo sblocco per la commissione parlamentare Antimafia, una delle due bicamerali.
Assegnata la presidenza a Chiara Colosimo, Fratelli d’Italia, ecco che torna a farsi valere l’accordo Centrodestra-Movimento. E viene nominato Vicepresidente l’ex magistrato, Procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho. Espressioni eloquenti del M5S di piazza e di mercato, partito incollato alle poltrone, al potere per l’esercizio del potere che tanto grida fuori quanto tratta fino all’ultimo, dentro al Palazzo.