di Mario Lavia
Game, set, Meloni
Da Barcellona alle amministrative italiane, arriva una brutta sconfitta per i progressisti. E la segretaria del Pd è già criticata da chi l’ha sostenuta al Congresso: ora o apre a riformisti e moderati per costruire alleanze competitive, oppure rischia di bruciarsi politicamente
Effetto notte su una sinistra che ormai perde sempre: in Europa, in Italia. I socialisti spagnoli, quelli bravi e di sinistra della lotta alla precarietà e del modello Barcellona di Ada Colau che tanto piace alle giornaliste italiane (è arrivata terza), rimediano un brutta sconfitta al punto che Pedro Sanchez deve arrischiare la carta delle elezioni anticipate nella speranza di bloccare i conservatori.
Da noi, il Partito democratico perde 6-1 i ballottaggi salvandosi solo a Vicenza dove il nuovo sindaco Giacomo Possamai – sembra una barzelletta ma non lo è – aveva chiesto a Elly Schlein di non farsi vedere, in compenso cede per la prima volta nella storia Ancona alla destra, ed è una sconfitta che brucia, inattesa, Elly Schlein c’era andata due volte, acclamata, per mettere la faccia su una vittoria nel segno della sinistra-sinistra.
La destra si conferma a Siena, Pisa, Massa, Brindisi, mentre, Terni è finita in mano a uno strano personaggio che si chiama Stefano Bandecchi (qui la sinistra non era nemmeno al ballottaggio). C’è un filo che lega la Spagna all’Italia? Sì, c’è. Anzi, più fili che si aggrovigliano in una matassa che ha un nome: vento di destra.
Un vento che non nasce da chissà quali suggestioni filosofiche ma dalla crudezza sociale, e cioè dal fatto – detta in parole povere – che la maggioranza delle persone, in particolare di quel ceto medio rapidamente sceso negli inferi dell’incertezza economica, si affida più alla destra che alla sinistra.
Non c’è niente da fare, è la destra che appare meglio in grado di offrire quella protezione sociale che le opinioni pubbliche chiedono ai governanti, sia a livello di governo centrale che di amministrazioni locali. Merito della destra, colpa della sinistra, le due cose vanno insieme.
La situazione dei socialisti in Europa – ne scrivevamo ieri al netto dei risultati spagnoli e italiani – è ormai catastrofica, per non parlare di quella degli estremisti di sinistra alla Gianīs Varoufakis o alla Podemos, massacrati dalle urne. Né matura per ora una chiara alternativa di stampo prettamente riformista e liberale, con l’eccezione problematica di Emmanuel Macron e forse con le ricette di Keir Starmer in Regno Unito.
Scendendo verso le nostre città, per quanto riguarda la sinistra si assiste al declino del vecchio “buongoverno” di derivazione Pci nel centro Italia, a un perdurante affanno al Nord, con qualche isola come Brescia e appunto Vicenza ma giusto grazie alle personalità dei due candidati, e alla sostanziale sparizione al Sud (in Sicilia il primo turno sta andando malissimo).
A questo punto, anche se una certo clima processuale è abbastanza peloso, è inevitabile osservare che il partito di Elly Schlein non sta in piedi. «È una sconfitta netta», ha detto lei a margine di una riunione di una nervosa segreteria. Quello che è poco ma sicuro è che non è che il Pd se la possa prendere con qualcun altro (ora ce l’hanno con Giuseppe Conte che non si allea!), il problema è suo, il tema non è quello del campo.
Dietro Schlein si sta vedendo che c’è poco, molto poco, e d’altra parte non si recupera il disastro del lustro zingarettian-lettiano in pochi mesi specie con un gruppo dirigente senza voce. Ed è stata un’illusione ottica anche dei media quella di scambiare qualche piazza piena per una vera ripresa, di leggere nel dinamismo di piazza della segretaria un nuovo modo di fare politica e nel suo sguardo perennemente preoccupato un’ansia vincente di riscatto.
Ci vuol altro. Ora daranno la croce alla segretaria – si parla apertamente di «débâcle» – paradossalmente più criticata da quelli che l’avevano appoggiata al Congresso che da chi le preferiva Stefano Bonaccini, nulla le verrà perdonato nella solito inclemente rituale degli elefanti del partito ogni volta pronti al lavorìo contro il leader di turno: i Letta, gli Zingaretti già fanno circolare che con loro alle amministrative si vinceva di più. Il solito sciacallaggio.
Adesso sta a lei fare uno scatto di reni. Alessandro Alfieri dice che è il momento di aprire ai riformisti e ai moderati. Certo la segretaria deve fare proposte serie, di governo. Smetterla di inseguire l’ultima protesta. Dirigere il partito che non è un collettivo di Sardine, è un’altra cosa. Dopo novanta giorni, Elly Schlein è già sulla graticola. O si sveglia o si brucia.