di Igiaba Scego
Roma è una città fascista. La frase potrebbe suonare come una bestemmia. Probabilmente lo è.
Ma il fatto è che nella storia della capitale sono evidenti le tracce del ventennio. Chi abita nella capitale lo sa bene, i fasci littori spuntano stampigliati sui tombini quando meno ce lo aspettiamo, compaiono su un ponte o in alcuni murales.
Spesso quando andiamo in una scuola, all’università o in un ufficio postale incappiamo in qualche palazzo d’epoca che presenta segni più o meno occulti del passaggio del regime. Molte delle case in cui abitiamo sono state costruite negli anni trenta e nei cortili di certi palazzi è visibile la grande M di Mussolini.
C’è l’ombra del fascismo anche nei nomi delle strade. A volte ci capita di attraversarne alcune che rimandano a conquiste coloniali o, peggio, abitiamo in vie dedicate a feroci gerarchi. Quel passato di violenza e coercizione insomma è ancora tra noi, vivo nello spazio urbano. È un passato che contamina il presente e che se non viene discusso può provocare danni alle generazioni future.
In occidente il dibattito sui monumenti con un portato storico “pesante” si apre ciclicamente, spesso dopo una qualche azione pubblica. Il dilemma è sempre lo stesso: rimuovere o non rimuovere quelle tracce funeste? Quale azione è più efficace? … leggi tutto