La provocazione di Beatrice Venezi: «Non accetto censure». Ed esegue fuori programma l’Inno a Roma, caro al fascismo e al Msi (open.online)

La scelta della consigliera per il ministero 
della Cultura al concerto di apertura delle 
Celebrazioni del Centenario pucciniano a Lucca

Sono passate solo poche ore dalla nuova contestazione in Francia, a Nizza, per Beatrice Venezi, direttore d’orchestra e consigliere per il ministero della Cultura di Gennaro Sangiuliano. E dal palco del Summer Festival, nella sua Lucca, Venezi ha deciso di rispondere con una provocazione. Anche se nelle intenzioni, almeno dichiarate, non è così.

Ma anzi una scelta conciliante. «Non posso accettare censure e credo che neanche Puccini le avrebbe accettate», ha detto prima di annunciare stasera, 12 luglio, che avrebbe chiuso con l’esecuzione dell’Inno a Roma il concerto nel giorno di apertura delle Celebrazioni del Centenario pucciniano.

La scelta di eseguire l’Inno a Roma farà certo discutere. Il brano è stato scritto nel 1919 da Fausto Salvatori con le musiche di Giacomo Puccini. Durante il Ventennio però se ne appropriò il regime fascista e nel Dopoguerra fu poi scelto dal Movimento sociale italiano per essere utilizzato ai suoi raduni.

Il brano non era previsto in scaletta ed è un fuori programma, come ricorda Ansa. «Spero che l’esecuzione di questo brano sia un invito per il Paese a riconciliarsi con la propria memoria storica e che l’arte e la cultura tornino al centro al di là delle posizioni politiche», ha detto Venezi.

La decisione era stata comunicata nel pomeriggio al Comitato promotore delle celebrazioni pucciniane, e in serata c’è stato il forfait dei sindaci Giorgio Del Ghingaro (Viareggio), Andrea Bonfanti (Pescaglia) e il presidente della Provincia di Lucca, Luca Menesini.

Quando la notizie è trapelata, Venezi ha difeso le sue intenzioni: «L’ho sempre eseguito e continuerò a farlo. Stiamo facendo una guerra all’intenzione di Puccini», ha detto a La Nazione, «i tedeschi allora cosa dovrebbero fare con la musica di Wagner? Mi sembra che loro abbiano fatto pace con la loro memoria storica. Puccini lo scrive nel 1919, è un inno patriottico. Continuare a leggere queste cose sotto un profilo ideologico lo trovo vetusto e superato».

(ANSA / FABIO FRUSTACI)

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