OPEN ARMS, AIUTACI TU!
Sei operazioni di salvataggio in mare chieste dal Comando delle capitanerie di porto. Centinaia di persone recuperate da navi umanitarie in poche ore con il coordinamento di Roma. Ci voleva Meloni per fare tornare le ong a salvare i migranti
Il governo che fletteva i muscoli con annunci roboanti su fantascientifici blocchi navali, l’illusione delle zero partenze, con la tolleranza zero verso le ong e che rivendicava i porti chiusi, ha finito per chiedere aiuto alle stesse ong per salvare i migranti in mare.
Un testacoda che è un bagno di realtà per l’esecutivo di Giorgia Meloni, in particolare per il suo ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, l’ideologo della bufala dei porti chiusi da mesi a processo a Palermo per la sua guerra sconsiderata alle ong. Succede allora che nel silenzio generale lo scorso 6 luglio la Guardia costiera italiana abbia chiesto espressamente all’ong Open Arms di effettuare non una, ma ben sei operazioni di salvataggio. Mostrando un livello di coordinamento che non si vedeva almeno dal 2018, il Comando generale delle capitanerie di porto di Roma e le navi delle umanitarie si sono ritrovati insieme a salvare persone.
“Una situazione di normalità”, la definisce al Foglio Veronica Alfonsi, portavoce dell’ong spagnola. Una normalità che non ti aspetti, da chi invece, persino dopo la strage di Cutro dello scorso febbraio, aveva gonfiato il petto facendo capire che il governo non aveva alcuna intenzione di cedere alla commozione collettiva suscitata dalla morte di almeno un centinaio di persone. Il decreto che ne seguì, quello della “caccia ai trafficanti su tutto il globo terracqueo”, prevedeva anche la regola per le ong di effettuare un solo salvataggio per volta e poi di rientrare rapidamente al porto assegnato da Roma.
Ora però le cose sembrano essere cambiate. La pressione migratoria, soprattutto dalla Tunisia, è talmente elevata da rendere impossibile il rispetto tassativo dell’equazione “una missione, un salvataggio”.