Il ridotto credito politico di Meloni e la volubile fedeltà dei suoi elettori (linkiesta.it)

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Patrioti interessati

Le promesse elettorali fatte dalla presidente del Consiglio su pensioni, flat tax e contratti pubblici non saranno mantenute nella prossima legge di bilancio. Se gli elettori ex berlusconiani non vedranno risultati concreti, Fratelli d’Italia potrebbe subire un contraccolpo già alle prossime elezioni europee

È il più classico e antico gioco del dito e della luna. Il dito occasionale sono le farneticazioni da bar del generale Roberto Vannacci su chi pratica il sesso contro natura, i tratti somatici di Paola Enogu che non rappresentano l’italianità e sul mondo al contrario. La luna è quella di miele che Giorgia Meloni sta vivendo con gli italiani che l’hanno votata ma che l’aspetta al varco. E che potrebbe diventare nera e amara se i «patrioti interessati» alla ciccia economica, la stragrande maggioranza degli elettori ex berlusconiani, non vedranno risultati concreti.

Ci vorranno poche settimane, con il Nadef, e pochi mesi, con la legge di Bilancio, per vedere frantumate tutte le promesse elettorali su pensioni, flat tax, tagli dell’irpef, rinnovo dei contratti pubblici, pagamenti rateizzati degli acconti annuali e via elencando il programma con il quale la destra-centro ha vinto le elezioni il 25 settembre 2022. Certo, dicono a Palazzo Chigi, ci vuole tempo, almeno una legislatura.

No, due legislature, cinque più cinque, rilancia Matteo Salvini. Poi però gli ex sovranisti e populisti si svegliano e si trovano un terzo trimestre con -0,3 per cento di crescita, il patema d’animo del quarto trimestre, la Germania che arranca più di noi. Chiudono gli ombrelloni e le entrate del turismo si prosciugano, la mareggiata di migranti continua, i sindaci protestano, i sindacati in piazza.

Meglio cominciare a dire la verità, come ha fatto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che le risorse non ci sono, è tutto più complicato, meglio puntare sulle priorità. Un po’ di taglio del cuneo fiscale e che i soldi del santo Pnrr ci aiutino. Sperando che il vecchio e austero Patto di Stabilità non ritorni a massacrarci a gennaio 2024: al governo rimarrebbe il resto di niente.

Il consiglio del commissario europeo Paolo Gentiloni è di accettare la riforma del Patto con il suo meccanismo di rientro del debito concordato e personalizzato. Sperare di vincere le europee e cambiare tutto a Bruxelles è pura follia, roba da campagna elettorale e non all’altezza di chi governa una Nazione del G7.

Meglio continuare a guardare il dito magari un po’ storto e vecchio. Meglio far strillare le opposizioni sui diritti civili. Molto meglio riempire i giornali con le ubbie dei generaloni che lubrificano l’identità della destra e quel bipolarismo culturale tra pensiero unico e conservatori della famiglia tradizionale, che ormai si contano sulle dita di due mani.

I colonnelli di Giorgia, come Giovanni Donzelli, si parano a destra perché dalla destra più radicale cominciano a sentirsi i primi boati di tradimento, di quella vecchia e anacronistica accusa di “badoglismo” che ha sempre bruciato la pelle degli eredi del Movimento sociale italiano.

Salvini salta sul cavallo più selvaggio della destra, magari è pronto a candidare Vannacci alle Europee per fregare Giorgia. Dall’oblio riemerge Gianni Alemanno, l’ex sindaco non memorabile di Roma: sente odore di sangue e si piazza al limite estremo della destra anti-americana e sociale, aspetta di capire se si apre una faglia nel consenso di Meloni nel terreno dove il governo è più vulnerabile. E non è quello dei “fascistoni” con e senza stellette, di un elettorato che non ti fa fare il quattro per cento alle europee, ma quello economico.

Quella del generale Vannacci è solo un caso: ha fatto scattare la ola e portato il suo libro a essere primo nella classifica Amazon. Solo un caso che sarà dimenticato presto, come quello di Marcello De Angelis, l’ex militante dell’organizzazione estremista, oggi responsabile comunicazione della Regione Lazio, che ha negato la responsabilità dei neofascisti nella strage di Bologna.

Di casi del genere ce ne saranno tanti altri: gli armadi della destra è piena di scheletri e scorie post fasciste e neo fasciste. Ma il rischio di scivolare e farsi veramente male per Meloni vengono da altre trincee.

Meloni corre in maniera “schizofrenica”. Usa due registri politici: il registro identitario per non spezzare il cordone ombelicale delle origini e quello istituzionale che la porta a fare scelte di politica finanziaria e una serie di nomine in continuità ai precedenti governi. La comfort zone per non scoprirsi a destra e il Deep State per essere sicura che la macchina dello Stato non vada a sfracellarsi contro un muro.

È l’antinomia irrimediabile di cui parla Marco Follini sulla Stampa. A un certo punto infatti mostrerà la corda il gioco di equilibrismo calibrato, la trappola ben studiata in cui casca sempre la sinistra. Più l’opposizione strilla, ed è costretta a strillare, e più l’elettorato della destra-centro si compatta attorno a Meloni, dimenticando il resto. Anche in questo Meloni è l’erede di Berlusconi.

L’elettorato italiano si innamora e si disinnamora alla velocità dei social network. Meloni ha ancora un credito da spendere. Quanto tempo avrà è ancora presto per dirlo. È tranquilla quando guarda dall’altra parte del campo.

Ma i patrioti interessati ci mettono poco a salire sulla giostra elettorale e farsi un altro giro. Magari un campanellino d’allarme lo sentiremo alle Europee del 2024.

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