di Mario Lavia
Il giallo e il blu
La notizia della morte di Prigozhin è solo l’ennesima dimostrazione della brutalità di Putin e della Russia. La politica italiana, con il governo e soprattutto con le forze d’opposizione, non può permettersi alcun tipo di ambiguità su questo dossier
Come fece Adolf Hitler con Ernst Röhm nel 1934, e con altri per un numero incalcolabile di volte, il macellaio di Mosca ha voluto rafforzare nel mondo la sua immagine potente: la strage che ha coinvolto il suo ex cuoco Yevgeny Prigozhin, il capo della Wagner divenuto acerrimo nemico, e altre nove persone, fra cui altri cinque importanti uomini della milizia privata, non dovrebbe in teoria lasciare in giro nemmeno un’oncia di problematicità circa la natura criminale di Vladimir Putin, la cui bestialità si è espressa prima col silenzio, poi con le vomitevoli “condoglianze” alle famiglie delle vittime.
Lo stile di Hitler, lo stile di Stalin: il nemico assassinato «aveva commesso errori», e gli «errori» i dittatori non li lasciano passare, meritano il sangue. Dopo mesi di colpevole sonnolenza dei media e anche della politica, adesso l’Occidente deve rialzare la testa.
Prigozhin era un uomo spregevolissimo, non è questo il punto. Il fatto è che l’uomo nero del Cremlino fa quello che vuole. E mentre ammazza nemici e gente inerme, Alexei Navalny è in carcere chissà fino a quando: e anche su questo il mondo libero avrebbe dovuto e dovrebbe fare di più.
Distratti dalle spesso penose vicende italiane, ora è necessario che le voci serie di questo Paese ritrovino la strada della lotta a fianco dell’Ucraina e facciano crescere un clima di contrapposizione morale e politica al regime di Mosca.
Ultimamente si sono riascoltate le voci dei “pacifisti” stanchi di guerra come la Teresa Batista di Jorge Amado e incapaci di comprendere che la guerra continua per colpa del mostro del Cremlino e che pertanto parallelamente deve proseguire la guerra alla guerra, che non consiste in una fantomatica «tregua» né tantomeno nella cessione alla Russia di territorio ucraino.
In Italia sta al governo mantenere la giusta posizione atlantica fin qui seguita dai tempi di Mario Draghi. E sta alle forze democratiche dell’opposizione riprendere e tenere alta la bandiera della Resistenza ucraina.
Parliamoci chiaro: un Partito democratico che non ha mai sconfessato la corretta posizione di Enrico Letta ha dato però negli ultimi tempi l’impressione, e anche qualcosa di più, di volerla ripiegare, quella bandiera, perché questa è l’ora del salario minimo e della relativa petizione, perché l’emergenza economica incombe, e infine perché l’Ucraina “non tira” e non porta voti, anzi forse ne toglie.
Ma di fronte alla dittatura di Vladimir Putin non c’è calcolo elettorale che tenga né può esserci priorità più urgente. È una questione morale. Per questo è importante che il Partito democratico si faccia sentire.
E lo tenga a mente Maurizio Landini che si appresta a organizzare una grande manifestazione sui temi sociali il 7 ottobre alla quale andranno Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e i loro sostenitori: più che bandiere rosse portate in piazza quelle gialle e blu, i colori della moderna libertà.