Gli indifferenti di Gramsci sono quelli che non parteggiano,
che oppongono al male “il loro piagnisteo da eterni innocenti”, oggi anche sotto le insegne di un pavido, vacuo pacifismo. Proprio loro, i pacifisti che oggi si oppongono alla resistenza armata degli ucraini all’aggressione perpetrata da Putin, sono i moderni indifferenti cui si indirizzava l’odio appassionato del rivoluzionario.
Nella sua famosa invettiva del 1917 Antonio Gramsci scrive: “Odio gli indifferenti.L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita…”.
E ancora: “L’indifferenza è il peso morto della storia… È la fatalità… materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà… Lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento può rovesciare… E allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi è stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altro bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti…E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la m ia pietà.”
E conclude: “Vivo, sono partigiano….Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”
Gli indifferenti di Gramsci sono quelli che non parteggiano, che oppongono al male “il loro piagnisteo da eterni innocenti”, oggi anche sotto le insegne di un pavido, vacuo pacifismo. Proprio loro, i pacifisti che oggi si oppongono alla resistenza armata degli Ucraini all’aggressione perpetrata da Putin, sono i moderni indifferenti cui si indirizzava l’odio appassionato del rivoluzionario.
Quei pacifisti che – adducendo la sacrosanta avversione alla guerra – non solo invocano la resa incondizionata dell’aggredito al brutale aggressore, ma soprattutto proclamano la loro innocenza, gridando al mondo il loro patetico “Che c’entro io? Perché devo accettare tutti i sacrifici e i rischi che mi vengono imposti da chi vuol resistere con incomprensibile ostinazione a quell’aggressione?”.
E allora si cercano altre cause del conflitto. Si colpevolizza la NATO, si addita (a buona ragione in questo caso) l’errore di aver considerato il crollo del muro di Berlino come una vittoria del capitalismo , con la spregiudicata apertura alla conquista del “mercato post-sovietico”), si recuperano i cascami di un vecchio anti-americanismo: tutto purchè non siano coinvolti loro, gli eternamente innocenti pacifisti.
Si invoca addirittura la Costituzione, mutilando a proprio uso il testo dell’articolo 11 , citandone solo la proposizione iniziale: “L’Italia ripudia la guerra”, ma omettendone il seguito: “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente , in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
Pacificamente, la norma costituzionalizza il principio del ripudio della guerra in tutte le sue forme, fatta eccezione per le guerre offensive, o di aggressione, o utilizzate come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
È ammessa quindi la guerra difensiva in caso di attacco militare da parte di una forza straniera “come mezzo di risoluzione di una controversia internazionale”: che è esattamente quanto accaduto col tentativo di invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Nessuna incertezza al riguardo può essere consentita: non si tratta infatti di una guerra civile o di marca terroristica, né si discute di un intervento cosiddetto “umanitario”, non configurabile nell’assistenza – in termini di fornitura di armi e in assenza di un intervento diretto – al Paese aggredito.
Tanto più giustificata, questa assistenza, dall’ostinato rifiuto opposta dalla Russia ai tentativo di risolvere l’eventuale controversia internazionale relativa al Donbass, previo ritiro delle proprie truppe dai territori occupati.
È giusto dunque ripudiare la guerra, ma lo è altrettanto il ricorrervi in ultima istanza, secondo modalità possibili e praticabili, dopo che ogni altro tentativo si sia rivelato inadeguato, per opporsi a quella che si può chiamare “prepotenza internazionale”.
Altro discorso riguarda l’eventualità che atti atroci e specifici crimini di guerra vengano commessi da entrambe le parti nel corso del conflitto. Giustamente ci ricorda Edgar Morin, nel suo recentissimo Di guerra in guerra che i crimini commessi dagli Alleati per opporsi al nazifascismo non furono meno gravi di quelli commessi dai loro avversari. Morin ricorda Vasilij Grossman e la sua affermazione che quella di Stalingrado fu “la più grande vittoria e la più grande disfatta dell’umanità”.
Nessun falso pacifista accetterebbe oggi di esporre sé stesso a questo tragico ma inevitabile paradosso.
(Anzhela Bets)