di Paolo Delgado
Sequestrate e multate le navi Ong in virtù del Decreto Cutro.
Eppure fino a pochi giorni fa venivano coinvolte nei soccorsi dalla Guardia Costiera
«È la legge» : sulla carta la risposta di Giorgia Meloni a Elly Schlein, dopo il sequestro di tre navi Ong “colpevoli” di aver disatteso le norme imposte dal dl Cutro, non fa una piega. In realtà la replica della segretaria del Pd era sin troppo ovvia: se uno si fa le leggi e poi dice che le sta solo facendo rispettare l’argomentazione sa di presa in giro, anche al netto del particolare per cui attenersi alla legge che vieta i salvataggi multipli avrebbe significato sacrificare alcune decine di vite che sono state invece salvate.
Il punto però è forse un altro. La stessa legge esisteva già anche nelle scorse settimane quando il governo non solo preferiva chiudere un occhio ma chiedeva anche alle navi delle Ong di dare una mano alla Guardia Costiera. Qualcosa è dunque cambiato negli ultimi giorni e non si tratta di una nuova legge da far rispettare. In realtà di cose, nel giro di pochi giorni, ne sono cambiate molte e diverse e la reazione del governo, il triplice sequestro con multa delle navi “Sea Eyes”, “Open Arms” e “Sea Watch”, appare come una reazione dettata più dal panico che da una visione lucida.
Gli accordi con la Tunisia non funzionano: il grosso dei migranti continua a partire da quelle coste. Il sistema di accoglienza è sull’orlo del tracollo: lo dicono i sindaci di sinistra e anche quelli di destra. Il numero degli arrivi è più che raddoppiato e la ferita per la destra non è di quelle superficiali: nella breve fase del suo fulgore, nel 2018- 19, il truculento Salvini, allora ministro degli Interni, poteva vantare almeno una riduzione secca degli sbarchi.
Era una fase diversa, certo, e soprattutto il prezzo di quella strategia fu una rottura con l’Europa all’origine del tracollo del governo gialloverde. Oggi le cose sono più difficili e il governo Meloni non ha alcuna intenzione di commettere gli stessi errori di Salvini entrando i rotta di collisione con Bruxelles, Berlino e Parigi. Tutto comprensibile ma il dato non cambia: per la destra al governo e per i suoi elettori l’impennata degli arrivi è una cocentissima sconfitta.
Il versante soldi, legge di bilancio e in sostanza possibilità di tener fede almeno parzialmente agli impegni assunti è anche più incisivo, pur se indirettamente. Il governo sa di dover deludere per il secondo anno consecutivo i propri elettori e se nel 2023 poteva accampare l’alibi, non infondato, di non essersi trovato di fronte a una manovra già impostata senza disporre del tempo necessario per rivederla, ora le cose stanno diversamente.
Ma con la riscrittura del Patto di Stabilità dietro l’angolo e i conti che vanno peggio del previsto il vicolo è cieco e il governo è già rassegnato a una manovra austera, dunque ben poco gradita alla sua base. Infine certo non sfuggono a una politica sensibile agli umori popolari come la presidente del Consiglio i segnali chiari di una richiesta di politiche di destra diffusa in una parte importante del suo stesso elettorato.
La vicenda per molti versi grottesca dell’ormai famigerato testo del generale Vannacci, chiacchiere triviali da bar che nessun pensatore o politico pur se reazionario prenderebbe sul serio, è indicativa. Più che il fattaccio in sé sono le reazioni diffuse a indicare che lì uno spazio elettorale di nuovo aperto c’è.
Le campagne contro l’immigrazione, da sempre, rispondono a queste esigenze, Permettono di confermare e rinsaldare l’identità di destra. Vengono date in pasto all’elettorato deluso e ne st ornano almeno in parte l’attenzione. Sono adoperate nello scontro interno alla destra stessa, che è particolarmente duro perché in quell’elettorato la pregiudiziale “antisinistra” funziona molto più di quella “antifascista” dall’altro lato della barricata: dunque gli elettori delusi si rifugiano nell’astensionismo molto meno di quanto non capiti a sinistra e preferiscono invece il travaso da una formazione all’altra, come attesta l’improvviso trionfo di FdI, dopo quello della Lega.
Il gioco è facile ma pericoloso. Alzare l’allarme sull’immigrazione, farne di nuovo un’emergenza implica destare aspettative. Ma il governo non ha una strategia per limitare gli sbarchi e neppure i fondi necessari per gestire in modo esemplare l’accoglienza, al contrario stenta anche a turare le falle più vistose.
Col rischio di un effetto boomerang sul fronte forse più essenziale che ci sia per l’identità della destra.