Davanti ai giovani cattolici riuniti a San Pietroburgo,
Francesco esalta il loro “illuminato paese, di grande cultura e umanità”. Non ha lasciato fare alla sua diplomazia, che per tradizione lavora fari spenti. Così l’autorevolezza del papato fra gli ucraini perde posizioni
Venerdì pomeriggio, Papa Francesco si è collegato con i ragazzi russi riuniti a San Pietroburgo in occasione del decimo incontro nazionale dei giovani cattolici della Russia. Il tema scelto per l’evento era lo stesso della Giornata mondiale della Gioventù tenutasi a Lisbona a inizio agosto e il discorso del Pontefice, apparso sul sito ufficiale del Vaticano, è una summa di quanto già detto in Portogallo.
Quel che però manca nel testo pubblicato, è ciò che Francesco ha sottolineato a braccio prima della benedizione finale, parole che invece si leggono sul portale dell’Arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca: “Non dimenticare mai l’eredità. Siete gli eredi della grande Russia: la grande Russia dei santi, dei governanti, la grande Russia di Pietro I, Caterina II, quell’impero – un grande, illuminato, [paese] di grande cultura e di grande umanità. Non rinunciate mai a questa eredità, siete gli eredi della grande Madre Russia, andate avanti. E grazie. Grazie per il vostro modo di essere, per il vostro modo di essere russi”.
Frasi che a Kyiv non sono state gradite e che hanno alimentato – ancora una volta – i malumori circa l’atteggiamento “super partes” del Papa in merito all’aggressione russa. Cosa voleva dire Francesco con quel “grazie per il vostro modo di essere russi”?
Qual è “la grande Russia di Pietro I e di Caterina II?”. Davvero si tratta di “un grande, illuminato paese di grande cultura e umanità”? E’ proprio necessario “non rinunciare mai a questa eredità”? Le parole del Pontefice erano forse uno sprone a farsi luce in una realtà oscura? Ad alzare la testa davanti ai crimini commessi dall’inquilino del Cremlino? Nell’incertezza del contesto e con i nervi tesi sulle sponde del Dnipro, l’incidente diplomatico era scontato.
Non è la prima volta che Bergoglio si sofferma sulla grande cultura russa, citando in particolare Fëdor Dostoevskij, cui è particolarmente legato. “La pace non è mai armata”, disse ad esempio poche settimane dopo l’inizio della guerra, e in seguito prese spunto dai Fratelli Karamazov per condannare la logica mondana che porta alla “pace falsa basata sul potere” e che poi “conduce al tradimento di Dio”.