di Francesca Marson
«Ma quello è un koala?»
Qualche anno fa, perdendo tempo su internet, sono incappata in una frase anonima che mi ha stregato e che porto con me come una sorta di talismano: «Il te stesso bambino sarebbe orgoglioso del te stesso adulto?» Nell’istante in cui, in attesa di farmi scattare una foto, mi sono ritrovata stretta tra le braccia di un inaspettatamente alto Carlos Ruiz Zafón – autore di una delle tetralogie più vendute al mondo – e mi sono sentita chiedere da lui se sulla cover del mio smartphone ci fosse davvero un koala…
Ecco, mi sono detta in quel momento: la ragazzina adolescente che in un pomeriggio di dicembre aveva letto L’ombra del vento, sarebbe stata fiera e orgogliosa di quello che avevo combinato.
Prima però riavvolgiamo il nastro. La saga del «Cimitero dei libri dimenticati» ha tenuto compagnia a me e a milioni di lettori sparsi in numerosi Paesi, per un arco di tempo lunghissimo. Avevo 14 anni ed era Natale quando ho conosciuto la famiglia Sempere e mi sono innamorata di Barcellona leggendo L’ombra del vento.
Sono diventata maggiorenne l’anno in cui ho divorato le pagine di Il gioco dell’angelo di nascosto sotto il banco di scuola … leggi tutto