Autunno tiepido. Landini resta solo col suo sciopero generale (huffingtonpost.it)

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"Ma almeno vediamo la manovra, no?" 

Alle obiezioni di Cisl e Uil, il numero uno della Cgil risponde convocando due piazze in tre mesi. Nel sindacato scommettono: “Se Schlein frana alle Europee, farà il Melenchon italiano”

E se l’autunno caldo fosse più tiepido del previsto? Sarebbe un bel problema per Maurizio Landini che punta tutto sull’opposizione al governo. Fissata da tempo la manifestazione del 7 ottobre, prenota anche lo sciopero generale. Due piazze in tre mesi.

Un’esibizione di ottimismo – o di pessimismo, a seconda del punto di vista – che si scontra intanto con la prudenza degli altri sindacati. Per la Cisl il dialogo con Giorgia Meloni deve andare avanti. Per la Uil, ogni valutazione va fatta sul merito. Cioè a legge di bilancio presentata. Così Landini rischia l’isolamento nel sindacato e si trova a fianco solo la Sinistra, i Cinque stelle e una parte del Pd. Al di là delle interpretazioni, la sua strategia presenta obiettive peculiarità.

La prima delle quali riguarda proprio la decisione di ricorrere o meno allo sciopero generale. A scanso di equivoci, Landini lo ha annunciato a luglio, alla festa della Fiom di Brescia. “Sarà in autunno. Sarà necessario farlo contro la legge di bilancio”, disse. Ora lo riannuncia – ed è il secondo tratto singolare – sottoponendo però la scelta a un referendum tra i lavoratori. Ma la decisione è già presa.

E anzi, anche lo stesso referendum era stato annunciato a luglio, quando disse “faremo una consultazione straordinaria tra i lavoratori”. Si capisce allora perché ai lavoratori verrà posto un quesito alla Catalano (“Condividi le proposte rivendicative contenute nel documento della Cgil nonché l’utilità di sostenerle con la mobilitazione e se sarà necessario con lo sciopero generale?”). Lo si fa per non avere sorprese. Nessuno immagina che il leader del più grande sindacato d’Italia si faccia sfiduciare dagli iscritti.

Resta tuttavia l’anomalia di uno “sciopero” indetto a “prescindere”, cioè senza ancora conoscere il contenuto della manovra, che viene presentata al Parlamento a metà ottobre (questa almeno è la data prefissata, ma come tutti gli anni è prevedibile che i termini slittino ulteriormente).

A dire il vero non si è ancora tenuta nemmeno la prima riunione di maggioranza, prevista per mercoledì 6 settembre. Ad aggiungere stranezza a stranezza, lo sciopero generale sarà anticipato da una manifestazione nazionale della Cgil e di un centinaio tra associazioni e partiti, prevista per sabato 7 ottobre.

Di fatto il leader della Cgil arriva alla manifestazione di ottobre e prevedibilmente anche al successivo sciopero generale dopo aver perso per strada sia la Cisl che la Uil. In un’intervista al Corriere della Sera, il sindacalista accenna al senso di questa ‘fretta’. “Vogliamo muoverci per tempo, visto che con il governo abbiamo avuto solo incontri finti. Aspetteremo la nota di aggiornamento al Def e faremo le nostre valutazioni. Se le nostre proposte non verranno accolte in legge di bilancio, scenderemo di nuovo in piazza”.

Quindi ci saranno due piazze, la prima dopo la Nadef, il 7 ottobre. La seconda dopo la manovra, tra novembre e dicembre. È una scommessa sull’autunno caldo per il governo Meloni. E se Cisl e Uil staranno alla larga, Landini sa invece che si troverà accanto il Pd di Elly Schlein e il M5s. Lo sciopero generale nasce con un investimento politico molto alto.

La Cisl osserva con qualche diffidenza. “Parlare di sciopero prima di conoscere la manovra è mettere il carro davanti ai buoi”, è la posizione del segretario Luigi Sbarra, per il quale è controproducente per il sindacato “stare con un piede nella trattativa e con l’altro in piazza”. Sbarra vuole andare a vedere l’esito dei tavoli aperti col governo – dalle pensioni, alle crisi industriali, dal fisco alla formazione e alle riforme – e solo dopo deciderà.

A Landini rimprovera di aver già deciso tutto. Del resto l’anno scorso andò allo sciopero generale dopo un mese dall’insediamento del governo. Quest’anno finge di aprire al dialogo – è l’accusa sotto traccia – ma in realtà non lo vuole, perché sul tavolo tiene la pistola di una manifestazione contro l’esecutivo.

Anche la Uil, che pure in questi mesi era stata vicina a Landini, dopo l’annuncio della manifestazione di ottobre s’è raffreddata, posizione che conferma in occasione dell’annuncio dello sciopero generale. Pierluigi Bombardieri vuol avere in mano almeno la bozza della manovra e dunque il 7 ottobre non andrà in piazza e prima del 15 ottobre non dirà se il suo sindacato aderisce o meno allo sciopero. “Daremo una valutazione sul merito”, spiega.

Ma Cgil e Cisl sono distanti anche sul salario minimo. La partita sarà con ogni probabilità assorbita nella manovra. Meloni, spiegano fonti di governo, in quella sede potrebbe compensare il rifiuto a una legge che fissi il minimo orario a 9 euro con la conferma del taglio del cuneo fiscale, la detassazione delle tredicesime e del premio di produttività. Il risultato saranno buste paga più pesanti che nei calcoli del governo possono asciugare il consenso intorno alle rivendicazioni della Cgil, del Pd e dei M5s.

La sintesi è in una domanda ricorrente sul fronte sindacale. “Come fai a fare uno sciopero generale contro un governo che proroga il taglio del cuneo fiscale, detassa le tredicesime e ti dà qualcosa sulla contrattazione di secondo livello, stoppa la flat tax e mette i soldi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego? Senza contare che di fatto anche la Uil ha una posizione diversa dalla Cgil sul salario minimo. Landini spinge sui 9 euro l’ora, Bombardieri considera prioritaria la contrattazione. Quanto alla fascia oraria, spiegano fonti Uil, “ragioniamone, ma senza contraddire i contratti che prevedono somme più alte”.

Nel sindacato è ormai convinzione diffusa che Landini punti a un ruolo politico, e invitano a leggere i ripetuti segnali di vicinanza tra il segretario della Cgil, la segretaria del Pd e il leader del M5s. A cominciare dall’annunciato referendum contro il jobs act. Per i sindacalisti, dopo le sentenze della Corte costituzionale che impongono di riformare la disciplina dei licenziamenti, è solo una iniziativa politica, che potrebbe anche non tradursi in una campagna referendaria.

“È una bomba piazzata sotto il Pd”, dicono. Landini è tornato quello della Coalizione sociale, l’alleanza tra forze di sinistra e associazioni che coltivò tra 2015 e 2016, prima di ufficializzare il salto dal vertice della Fiom a quello della Cgil. “Punta a fare il Mélenchon italiano”, spiega qualcuno a Corso Italia, dove si dà per probabile la successione con Serena Sorrentino, attuale capo del pubblico impiego.

Di contro anche il sindacato che un tempo era la ‘cinghia di trasmissione’ del consenso sul centrosinistra guarda all’effetto che faranno le Europee. Se il Pd restasse sotto il 20 per cento, Elly Schlein sarebbe messa in discussione. “Allora ci sarà un rimescolamento di carte”, scommettono. E Landini ha il curriculum perfetto per fare il leader di un’unica area di sinistra, con dentro la sinistra del Pd e il M5s. Un obiettivo lontano, ma va costruito ora.

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