L’assistenzialismo populista costa
Il populismo è lisergico come una droga: fa balenare proiezioni immaginifiche mentre sotto sotto, invece, erode le fondamenta di chi lo assume. E mentre apparentemente dà qualcosa, crea le premesse per indebitare il percettore. Anche a stretto giro. La Conte-economy si può leggere in questa chiave, provando a fare i conti con i debiti che ha lasciato.
Quelli dello Stato sono in termini di assegni e provvidenze emesse a vuoto: il Reddito di cittadinanza attivabile a pioggia, con le autocertificazioni, ha provocato dall’aprile 2019 al primo semestre 2023 ben 54.108 interventi di controllo della Guardia di finanza. Verifiche che hanno consentito complessivamente di accertare 45.524 interventi irregolari, pari al 84,14%. Nello stesso arco temporale sono stati denunciati 48.392 furbetti.
Lo Stato, nel momento in cui ha preso atto delle richieste illecite, ha fermato giusto in tempo l’indebito versamento di 505.721.704 euro. Oltre mezzo miliardo. Numeri da capogiro per un buco nei conti pubblici che non è né gratuito, né “graduido”. Ma si riversa nelle tasche dei contribuenti. Il superbonus, il bonus facciate 110%, è stata un’altra operazione di finanza pubblica spericolata.
“Quando è stata varata questa misura non è stato valutato esattamente l’impatto sui conti dello Stato”, aveva detto qualche mese fa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il credito di imposta non può essere considerato una moneta. “Questo non è, quindi chiunque si avvia a fare un investimento dovrà valutare se l’impresa costruttrice o la banca siano disponibili a riconoscere il credito d’imposta”. E infatti molti imprenditori del settore ristrutturazioni si trovano ora nei guai.
Una ditta edile del Piemonte riassume: “In tutto il 2022 le banche si sono rivelate ostili all’acquisizione di crediti ed anzi abbiamo dovuto provvedere a chiedere prestiti e finanziamenti per andare avanti (per inciso, in 30 anni abbiamo sempre lavorato con i nostri denari, in banca non avevamo nemmeno un fido di 100€, niente).
Solo tra dicembre 2022 e febbraio 2023 un istituto di credito (molto grande) si è reso disponibile ad acquisire i crediti di due cantieri fatturati nel 2021 applicando però la modica trattenuta del 38,5% in un caso e 41,5% in un altro (ergo, ogni 100.000 euro di crediti ceduti alla banca, indietro liquidi ne abbiamo ricevuti 61.500,00€ in un caso, 58.500€ in un altro che tra l’altro ancora devono darci)”.
Insomma, conclude l’imprenditore: “È facilissimo aumentare il fatturato se quelle fatture nessuno le paga. Avremmo potuto anche arrivare a fare un +350% del Pil a queste condizioni, ma la circolazione di denaro dov’è? E non serve essere laureato alla Bocconi per capire che questo meccanismo è la fuffa più totale”. Problemi di chi fa impresa? Sì, ma non solo loro. Perché le imprese messe in crisi dalla “droga” del superbonus poi vanno a rifarsi sui singoli appalti. E allora tutte le famiglie, i proprietari di immobili e gli inquilini finiscono oggi per pagare il costo dell’illusione populista dei bonus “graduidi”. I dati resi noti ieri da Enea parlano chiaro: le spese condominiali sono aumentate del 17% in due anni, più 10% solo negli ultimi mesi.
Il costo dei lavori condominiali finanziati dal Superbonus continua a crescere. Se a giugno del 2021 il costo medio per intervento era di 547 mila euro, oggi siamo a 639 mila. E sì che il 110% ha dei massimali di spesa, per le caldaie, i pannelli, le finestre. Dove non c’è massimale, e a stabilire il tetto dei costi sono i tariffari regionali o il Prezzario Dei, i due riferimenti ufficiali sia per le opere pubbliche che l’edilizia privata. E sono dolori: gli incrementi di spesa, dal 2019, hanno sfiorato l’80%. Se è vero che sulla crescita dei prezzi hanno inciso molto il costo dell’energia, la penuria dei materiali, e un po’ la speculazione, anche il 110% ha dato un contributo decisivo.
Dopo la fine dello sconto in fattura, per esempio, il prezzo dei pannelli fotovoltaici è crollato del 30% in pochi mesi, e lo stesso sta accadendo per le pompe di calore. L’assistenzialismo populista costa, eccome. Lo sanno bene anche i commercianti, gli Autonomi e le Partite Iva che hanno sottoscritto i prestiti “Garantiti dallo Stato” durante la prima ondata Covid, in risposta al primo Decreto “Aiuti”. I tassi di interesse, anche in virtù delle garanzie generiche da presentare, erano sostenuti sin dall’inizio. Oggi quei sottoscrittori hanno scoperto che quei finanziamenti non sono rinegoziabili.
(italiaoggi.it)