La Russia non ha bisogno di coprire i propri crimini, ci pensa il pacifismo occidentale (linkiesta.it)

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Nascosto in piena vista

A differenza del Terzo Reich, che distruggeva le prove dei suoi massacri, il Cremlino fa tutto alla luce del sole: non deve sottacere alcunché, tanto lo difendono gli imbecilli suoi sostenitori negli studi televisivi e sui giornali d’Italia e d’Europa

Quando ci riuscivano, i nazisti in rotta bruciavano le fotografie e distruggevano i registri delle loro operazioni speciali, gli sterminati elenchi degli sterminati, gli archivi e le catalogazioni che mettevano in ordine i fucilati, gli uccisi dal gas, dalla fame, dalla tortura.

La belva russa non ha bisogno di ricorrere a quei frettolosi mezzi di copertura dei propri crimini. Ci pensa il pacifismo occidentale, neppure sempre finanziato, anzi spesso mobilitato in uno spontaneismo entusiasta, a mantenere in clandestinità gli orrori che punteggiano le mappe della denazificazione in Ucraina.

Non è possibile, ma certo, che l’Occidente pur predisposto ad aiutare la resistenza ucraina, e pur fattivo in tal senso, si sarebbe mosso più energicamente se la verità dell’azione russa – dall’inizio e in tutti questi mesi – fosse stata rappresentata per quel che era, anziché come la “tragedia” inevitabile e purtroppo propria di tutte le guerre.

E ancora non è solo possibile, ma certo, che il farabutto in fregola di contestare la sospetta postura dei cadaveri di Bucha, il malvissuto che sventola il curriculum da inviato di guerra per accreditare l’investigazione sulla targa del missile che fa strage in una stazione («È in dotazione all’Ucraina, signori miei!»), l’accademia schifosamente sussiegosa che arrota la erre sulla vittoria dell’Ucraina che significa «intere regioni distrutte», il geopolitologo che passa le carte del Cremlino e le rammostra in prima serata con firma propria e pretesa di fondamento scientifico, è certo che tutta questa repellente compagnia di contraffattori sarebbe stata svergognata e indotta a sparire se negli studi televisivi e sui giornali in cui ha spadroneggiato si fosse fatta cronaca anche solo di un millesimo delle atrocità commesse dai russi.

La discussione sulla “guerra per procura” sarebbe stata più difficile e avrebbe scatenato non dico la ribellione, ma almeno il disgusto del pubblico, se fosse stata accompagnata dalla colonna sonora delle chat dei soldati russi che si danno il cambio nello stupro delle bambine.

Meno facile sarebbe stato a certuni rimanere stravaccati e incolumi argomentando intorno alle responsabilità della Nato se l’intervistatore, anziché omaggiarli con «Ci dica, professore», «Ci spieghi, onorevole», avesse opposto a quelle oscene farneticazioni le storie dei villaggi ucraini sottoposti al dominio aguzzino e stragista degli invasori.

Disagevole sarebbe stato, per questi innominabili cialtroni, reiterare fesserie sul magna magna dei produttori di armi e farsi in tal modo complici applauditi del crimine russo, anziché essere doverosamente sputtanati, se sullo sfondo di quella scena vergognosa e imbandierata di pace pacifista avessero fatto capolino i numeri dei freddati dai cecchini, dei vecchi e delle donne e dei bambini fatti a pezzi nelle strade, nei ristoranti, nelle scuole, negli ospedali, nei mercati, e se a riscontro delle imprescindibili requisitorie a denuncia dell’irresponsabilità dei partigiani ucraini, dei vizi della dichiarazione dei redditi di Volodymyr Zelensky, del genocidio dei pellerossa e del ritiro dei ghiacciai per colpa della regola del profitto capitalista qualcuno, di passaggio, giusto per completezza di quadro, una volta ogni tanto, avesse ricordato che nell’attesa di mandare Joe Biden a Norimberga e il presidente ucraino all’Agenzia delle Entrate questi altri si dedicano con altro tipo di profitto ai massacri, alle deportazioni, all’allestimento e alla tenuta in buona funzione dei campi di concentramento e delle camere di tortura, alla deliberata e mirata distruzione delle infrastrutture e delle riserve alimentari, alla decapitazione dei prigionieri.

I crimini che i russi non hanno bisogno di sottacere, perché ci pensano i pacifisti di casa nostra.

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