di Massimo Gramellini
Elly Schlein ha deciso di non partecipare a «Belve», il programma di interviste condotto da Francesca Fagnani.
In realtà, prima aveva deciso di andarci, poi però ha deciso che non era così decisa e alla fine si è decisa: non ci andrà. Salvo diversa decisione, ovviamente. Nulla di drammatico, ma secondo alcuni sarebbe l’ennesimo sintomo di un male atavico della sinistra italiana: l’indecisionismo.
Se questo male esiste, bisogna riconoscere che nessun leader politico lo ha mai incarnato meglio di Schlein, che ne offre testimonianze continue, dalla guerra in Ucraina al termovalorizzatore di Roma. Forse persino il suo criticatissimo ricorso all’armocromista dipende dal fatto che da sola non riesce a decidere neanche come vestirsi.
Il decisionismo è dunque di destra? Dipende. La destra dà l’impressione di maggiore risolutezza perché, le rare volte in cui non si limita agli annunci e decide davvero, lo fa d’impulso, senza concertazioni e intermediazioni (per questo si diceva che Renzi fosse di destra già quando era segretario del Pd). Invece la sinistra, almeno nella sua rarissima versione adulta, tende a privilegiare il dialogo con le parti sociali, a volte fino allo sfinimento.
In ogni caso, si consulta con gli altri «prima» di decidere. Elly Schlein no. Lei appartiene alla fase adolescenziale della sinistra: prima decide, poi si consulta con chi mette in dubbio la sua decisione e solamente «dopo» la cambia, nel senso che decide di non decidere più.