In Parlamento le lady Franceschini e Fratoianni.
De Luca sistema i suoi eredi ed Emiliano la compagna
Parentopoli e dintorni. La memoria è una miccia corta, ma la sinistra frulla nomi e discendenze, pizzicando le corde evergreen dell’indignazione. Il Domani prova a buttare giù dalla bicicletta Ludovica Casellati, ma soprattutto sua mamma, Elisabetta, ex presidente del Senato e oggi ministro delle riforme: la figlia approda in Rai con una striscia sulle due ruote che suscita riprovazione nei salotti della gauche e un treno di commenti acidi. Sembra che per qualche combinazione astrale abbiano scoperto tutto d’un colpo il meridiano del nepotismo o qualcosa di simile.
Dunque, si accatastano episodi diversi: la prefetta di Grosseto Paola Berardino viene additata non una ma due volte: ha dato il via libera, nientemeno, a via Almirante, e in più è la moglie del ministro dell’interno Matteo Piantedosi. E non si sa se sia più grave il primo o il secondo problema.
E poi ci sono i ricambi al vertice dell’Istituto superiore di sanità, autorità ancora più ingombrante da quando è scoppiato il Covid. Qui arriva Rocco Bellantone che è cugino del sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanbattista Fazzolari. Una promozione celebrata con una selva di titoli, scoppiettanti come fuochi d’artificio, a sottolineare la vicinanza fra i due. Va così.
Il tema è di quelli che colpiscono l’opinione pubblica e infatti ruotando l’emiciclo della politica italiana si trovano assonanze e armonie, esattamente come quelle stigmatizzate oggi. Se non di più. Intrecci di mogli, fidanzate, compagne in una girandola di ruoli e medaglie all’ombra di questo o quel potente. Situazioni diverse ma che fanno mucchio. Perché gli spigoli, anche se si ammorbidiscono, restano spigoli.
Così nell’estate di otto anni fa il governatore della Puglia Michele Emiliano si infila dritto nel turbine, promuovendo sua portavoce la sua compagna Elena Laterza. Inevitabile la bagarre, ma lui tiene il punto: «È una scelta conforme alle regole di legge e fondata su un curriculum ineccepibile». La parola opportunità evidentemente non rientra nel vocabolario di Emiliano. Ma se da Bari ci spostiamo a Napoli, allora ci troviamo al cospetto della saga dei De Luca.
Lui, Vincenzo, la prima generazione, è l’inimitabile presidente della Regione. Il rampollo, Piero, diventa deputato e poi sale fino a diventare vicecapogruppo del Pd alla Camera. Per la verità, c’è un altro figlio, Roberto, che a un certo punto va a fare l’assessore al bilancio al comune di Salerno. Così De Luca è uno e trino. Quella stagione meravigliosa finisce e nei mesi scorsi Elly Schlein toglie a De Luca junior il bastone del comando, ridimensionandolo a semplice deputato.
Dal Sud alla capitale. Michela Di Biase fa la gavetta come consigliera comunale, poi la carriera accelera. Tutto ok, compreso l’arrivo a Montecitorio nel 2022, ma naturalmente i critici incrociano quel percorso con la biografia e sottolineano un’altra data, il 2014, quando Di Biase sposa Dario Franceschini, uno dei leader del Pd, padre di sua figlia.
Difficile distinguere la cifra personale dal blasone, riassunto nel titolo di Lady Franceschini che lei, va da sé, rifiuta sdegnata. Anzi, lo considera un marchio degradante, «profondamente ingiusto e frutto di una cultura maschilista che vuole raccontare le donne non attraverso il loro lavoro, la loro storia, ma attraverso l’uomo che hanno accanto».
Ciascuno naturalmente è libero di indossare l’interpretazione che più gli dona, ma il Palazzo coglie al volo certe armonie e simmetrie, se ne impadronisce e le trasforma in strumento di lotta fra le fazioni. Si fa un gran parlare delle sorelle Meloni, perché accanto a Giorgia e forse anche prima di Giorgia c’è Arianna, ora uscita dalla penombra per ascendere alla segreteria di FdI. E, come se non bastasse, consorte del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida.
Meno accecata dai riflettori la coppia della sinistra radicale Nicola Fratoianni-Elisabetta Piccolotti, eletta deputata a Lecce nel 2022, bersagliata e pronta all’immancabile sfogo: «Su di me solo fango». Infine, casa 5 Stelle, un tempo l’impero di Beppe Grillo. Che nomina vicepresidente del Movimento suo nipote Enrico.
Uno vale uno, ma se lo conosci è meglio.