Una repubblica fondata sugli slogan (corriere.it)

di Aldo Grasso

Padiglione Italia

C’è sempre un’elezione alle porte. Per le prossime europee, Matteo Salvini cerca di superare a destra Giorgia Meloni, o viceversa, mentre Elly Schlein assomiglia sempre più alla farragine di Giuseppe Conte. Usano la grammatica dello slogan, che è un tipo di comunicazione sorretto dal pathos più che dai contenuti, spesso solo abbozzati. È possibile governare un Paese sempre in modalità campagna elettorale?

Quando non si ha una solida linea di governo conviene alimentare l’onda emotiva che ha condizionato il voto. Lo stop alle immigrazioni non c’è stato, le accise non sono state tolte, il blocco navale crea problemi, la guerra in Ucraina continua. Di fronte a decisioni così complesse si ricorre a quelle frasi a effetto che hanno il compito di segmentare la realtà in opposizioni binarie: o con noi o contro di noi, tutto o il contrario di tutto.

I danni

Dai tempi dell’ascesa dei grillini (con la sola parentesi di Mario Draghi), l’Italia è stata governata con gli slogan cioè con provvedimenti demagogici: il reddito di cittadinanza, il superbonus, il reato di rave party, la tassa sugli extraprofitti delle banche…

La politica dovrebbe essere un universo di culture, di linguaggi, di competenze, di visioni che la reiterazione delle parole d’ordine tende invece a impoverire. Ma forse è proprio questa povertà la causa dei successi elettorali.

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