di Primula Rossa
Cari compagni, abbiate il giusto coraggio per avanzare qualche lecito dubbio
Sì, può accadere che a negare i diritti sia anche un sindacato: come è accaduto nel caso del portavoce licenziato. Ma nessuno, finora, tra gli uomini e le donne della CGIL, ha chiesto chiarezza sulla vicenda.
Se dovessi chiedervi in questo momento di restituire a voi stessi una immagine della Cgil, sono certa che in tanti sareste portati immediatamente a pensare alle grandi e colorate manifestazioni di piazza, ai presìdi fuori dalle fabbriche, o ai cortei di lavoratori che marciano uniti per strada pronti a difendere i propri diritti. Calde istantanee che restituiscono il valore del sentirsi parte di una comunità, dove il fattor comune è rintracciabile in una sola e bellissima parola: insieme.
È merito e responsabilità di queste bellissime istantanee di vita collettiva e politica se oggi siamo qui a chiederci perché il licenziamento in tronco a due anni dalla pensione di un lavoratore – Massimo Gibelli, storico portavoce della Cgil – non sia riuscito a scalfire nessuna delle coscienze dei numerosi dirigenti o lavoratori iscritti al sindacato, chiusi da giorni in un silenzio tombale.
Davvero questi uomini e donne sempre pronti a chieder dignità e giustizia per tutti non hanno trovato un minuto del loro tempo per esprimere alcuna forma di solidarietà o empatia per quanto è accaduto a Massimo? Cosa ha fatto di sbagliato quest’uomo per circondarsi di un gelo emotivo così forte da parte di quella comunità alla quale apparteneva fino a qualche settimana fa? Null’altro che rompere una grande ipocrisia e con lei la presunzione di essere sempre dalla parte della ragione e mai del torto.
Perché sì, può accadere che a negare i diritti sia anche un sindacato. Può accadere che a sbagliare clamorosamente sia anche il segretario di una grande organizzazione sindacale di sinistra. E capisco che quanto è accaduto possa essere una brutta sveglia per le coscienze di quella comunità, e debba essere metabolizzato, digerito.
Ma cari compagni, sono passati a mio parere i giorni necessari per darsi il giusto coraggio, iniziare a prendere voce e provare spostarsi dai banchi delle verità per fede a quelli del lecito dubbio. E sì, ci vuole uno sforzo emotivo importante per dichiararsi umani e fallibili.
Di tempo ne avete ancora per muovere le coscienze insieme alle bandiere, senza il timore di offendere il re. Insieme all’obbedienza al capo di turno c’è una tendenza strisciante e pervasiva che tende, ad ogni livello, alle autoassoluzioni. Ma questa è solo una lettera alle coscienze, della morale di pezzi della sinistra c’è sempre tempo per parlarne.