Notte fonda in Iran: pene più dure per chi non indossa il velo (ildubbio.news)

di Alessandro Fioroni

Nuova stretta contro le donne dopo le proteste 
per Mahsa Amini: 

il Parlamento approva un progetto di legge sulla “castità” che prevede fino a 10 anni di carcere per chi frequenta luoghi pubblici senza l’hijab

Ennesima stretta repressiva contro le donne in Iran. Il parlamento di Teheran ha infatti approvato un progetto di legge, che era all’esame dell’assemblea da diversi mesi, per inasprire ancora di più i provvedimenti punitivi contro chi esce in strada o frequenta luoghi pubblici senza indossare il velo obbligatorio, l’hijab.

È stata l’agenzia di stampa statale Irna, a darne notizia: «I parlamentari hanno approvato l’attuazione del progetto di legge su “hijab e castità’” per un periodo di prova di tre anni». Sebbene questa notizia faccia pensare ad una transitorietà in attesa di capire come verrà accolta la legislazione, è evidente che si è arrivati dunque al culmine dell’autoritarismo da parte del regime degli Ayatollah. I settori più retrogradi della nomenclatura avevano cominciato a invocare un giro di vite dopo le grandi proteste di piazza seguite alla morte di Mahsa Amini.

La legge infatti arriva simbolicamente pochi giorni dopo il primo anniversario della morte della ragazza curda, lo scorso 16 settembre. La ventiduenne era stata arrestata proprio per una supposta violazione del codice di abbigliamento, secondo la famigerata polizia morale il velo non era indossato da Mahsa in maniera appropriata.

Nonostante il movimento, nato sotto lo slogan “Donna, vita e libertà”, abbia diminuito di molto la sua capacità di mobilitazione, anche grazie agli arresti di massa e alle condanne a morte (ben sette dall’inizio della rivolta), le ragazze ancora sfidano, in numero crescente, il regime, uscendo a capo scoperto specialmente nelle grandi città. Atti di ribellione che danno il senso di quanto ancora sia vivo e generalizzato il fuoco dell’opposizione sociale e politica anche se espresso attraverso singoli atti.

Il disegno di legge dunque rafforza il dispositivo punitivo per chiunque sia perseguito per aver violato le ottuse regole imposte alle donne, uno dei pilastri ideologici della Repubblica islamica e uno strumento di controllo sociale al quale il governo teocratico non può rinunciare.

In dettaglio le nuove pene prevedono anche sanzioni pecuniarie per chi è accusata di «deridere l’hijab» o «promuovere la nudità» nei media e sui social media, nonché multe e divieti di lasciare il paese per i proprietari di imprese i cui dipendenti non indossano il velo. Il testo delle integrazioni al già restrittivo codice viene indirizzato contro «chiunque commette il reato di non indossare il velo o indossare abiti inappropriati in collaborazione con governi, media, gruppi o organizzazioni estranee o ostili» alla Repubblica islamica, «o in modo organizzato, sarà condannato alla reclusione di quarto grado», cioè tra cinque e dieci anni di reclusione.

Un salto evidentemente sproporzionato visto che attualmente apparire in pubblico senza il velo musulmano è punibile con la carcerazione da dieci giorni a due mesi. Le speranze che le sanzioni vengano attenuate sono pressoché nulle, il progetto di legge infatti per l’approvazione definitiva deve passare al vaglio del Consiglio dei Guardiani della Costituzione, una delle istituzioni più ortodosse della Repubblica islamica dell’Iran.

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