Cgil nel mirino del ministero del Lavoro: il mistero degli Inca, focus su punteggi e rimborsi (ilriformista.it)

di Aldo Torchiaro

L'inchiesta del Riformista

Dal porto delle nebbie CGIL si inizia a dipanare un po’ di foschia. Il Ministero del Lavoro avrebbe iniziato a volerci vedere chiaro nei meccanismi dei rimborsi delle prestazioni dei Caaf e soprattutto dell’Inca, il patronato rosso. E da luglio sono iniziate a cambiare le regole per i rimborsi delle pratiche elaborate dai centri periferici gestiti dalla CGIL: ecco svelata l’improvvisa “tensione politica” che un maldestro Maurizio Landini ha denunciato in conferenza stampa la settimana scorsa. “Il governo vuole metterci sotto tutela? Vogliono vigilare su di noi? Saremo noi a vigilare sull’operato del governo”, aveva urlato ai suoi Landini.

L’aggressione per cui il leader cigiellino grida allo scandalo cos’è, in realtà? Una diversa verifica delle pratiche lavorate, città per città, patronato per patronato. A partire, a monte, da una due diligence sui conti ministeriali – quella parte del budget del Ministero guidato da Marina Calderone – che viene rivendicata dagli sportelli CGIL sul territorio e che adesso deve seguire un iter di verifica puntuale, a differenza di quanto avveniva in passato. Vediamo nel dettaglio come funziona il meccanismo.

Il mistero degli Inca

L’Istituto Nazionale Confederale di Assistenza – Inca è il braccio operativo della CGIL, di cui è parte integrante dal 1945. La legge n.152 del 2001, aggiornando la disciplina degli Istituti di patronato e confermandone le funzioni, ha previsto nuovi campi di intervento. Nel 2008 un nuovo Regolamento ha ulteriormente esteso gli ambiti d’azione. Oggi l’Inca Cgil è il primo patronato in Italia e all’estero per volume di attività. Dal sito CGIL apprendiamo che “contatta ogni anno oltre 5milioni di persone in Italia e 600mila connazionali residenti all’estero”.

Dal bilancio CGIL vediamo però anche altre funzioni in capo a Inca: finanziare l’apparato della comunicazione che – gratuitamente, del tutto amichevolmente – l’imprenditore reggino Gianni Prandi ha approntato sotto le insegne di Futura, per esempio. Nell’assetto societario di Futura S.r.l. Inca possiede ben il 15,5% delle quote. Un sesto della torta. Ma chi e come finanzia Inca? E perché Inca ha interesse a orientare la macchina della comunicazione sindacale? Tutto ruota intorno all’operatività: coloro che si rivolgono a un patronato sul territorio per sbrigare la loro domanda per Inps, ad esempio, contribuiscono indirettamente a finanziare Inca.

Il punteggio e i rimborsi

Ciascun patronato Inca dichiara un punteggio. Veniva a verificarlo l’Ispettorato del lavoro locale che per prassi – nel tempo – ha quasi sempre avallato lo score che si trovava scritto. Come funziona? Ad ogni pratica corrisponde un punteggio, ad ogni punteggio la corresponsione di una compensazione a rimessa diretta del Ministero del Lavoro. Non si procede per mero computo delle pratiche ma per qualità: le domande di pensionamento gestite dal patronato valgono un punteggio alto, quelle per gli assegni familiari più basso. Ad inizio estate il Ministero ha capito qual è la dinamica.

E malcelando forse il sospetto che nei decenni si fosse andata consolidando una certa consuetudine di buon vicinato, nella frequentazione tra sindacalisti e giuslavoristi della stessa città, ha sovvertito le competenze di controllo. Ad esempio, adesso le pratiche dell’Inca della Sicilia sono controllate dall’Ispettorato del lavoro pugliese. E via discorrendo per tutte le regioni, con un incrocio tra ispettori e patronati, tra controllori e controllati che ha rimescolato le carte e imposto una lettura algida e trasparente dei dati. Apriti cielo. A Palermo gli ispettori del lavoro di Bari avrebbero quasi azzerato il punteggio. Il che vuol dire non solo che il patronato Inca di Palermo smetterebbe di ricevere i fondi di cui ha beneficiato, ma che dovrebbe addirittura restituire quelli percepiti senza titolo.

“Qualcuno a Roma ha subodorato qualcosa”, taglia corto una voce che della vicenda conosce anche i dettagli. Tanto che le mille pratiche senza errori di Palermo, dopo i controlli incrociati, a luglio diventano praticamente carta straccia. “E da Bari – ci informa ancora la nostra fonte – devono tornare a Palermo per passare al microscopio tutto”. E il caso Sicilia sembra potersi replicare in tutta Italia, interessando patronati che negli anni si sono occupati di assumere personale da licenziare prontamente, se il flusso di cassa, come teme qualcuno, dovesse interrompersi nei prossimi mesi.

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