Ostaggi civili
Il Media Initiative for Human Rights ha pubblicato una mappa almeno ottanta centri di detenzione in Russia, Bielorussia e nei territori ucraini temporaneamente occupati in cui le forze armate del Cremlino torturano bambini, adolescenti, persone con disabilità, donne e anziani
Volontari, giornalisti, insegnanti, semplici cittadini. Sono le vittime nascoste dell’invasione russa in Ucraina. Colpevoli solo di vivere in un territorio occupato, sono interrogati, rapiti, detenuti, torturati e fatti scomparire. A quasi un anno di distanza dalla conferenza che abbiamo tenuto a Roma sulle sparizioni forzate, in cui venivano segnalati trecento casi documentati di civili ucraini presi in ostaggio dalle forze armate russe, ci troviamo davanti a un’escalation di brutalità che si manifesta ben lontano dai riflettori, perché il capillare controllo degli occupanti non lascia permeare (quasi) nulla e il lavoro di raccolta e verifica di dati risulta enormemente difficile. Eppure, è proprio in quelle zone che vengono perpetrati i peggiori crimini internazionali sulla popolazione ucraina.
A maggio 2023, il ministero degli Affari Interni dell’Ucraina ha segnalato ventitremila persone ufficialmente considerate scomparse in seguito alle ostilità. Alcune di loro sono detenute dalle forze russe nei territori occupati dell’Ucraina, mentre altre sono state trasferite sul territorio della Federazione Russa.
Media Initiative for Human Rights (MIHR), che continua diligentemente a registrare i crimini di guerra e altre atrocità commesse dall’esercito russo in Ucraina, ha identificato millecentosessantotto ostaggi civili detenuti nella Federazione Russa e nei territori occupati dell’Ucraina. Il numero effettivo, dicono, potrebbe essere però da cinque a sette volte superiore, perché la Russia non fornisce informazioni sui civili che tiene prigionieri, e li trasferisce frequentemente, il che rende molto più difficile la loro ricerca.
La maggior parte di questi ostaggi civili è stata rapita dalle regioni di Kherson, Kharkiv, Donetsk, Luhansk e Kyjiv. Tra gli individui presi di mira vi sono coloro con sentimenti pro-Ucraina, ex personale militare e persone che secondo gli occupanti potrebbero potenzialmente porre resistenza all’occupazione. Dalle testimonianze raccolte è emerso che gli ostaggi civili sono spesso detenuti insieme ai prigionieri di guerra. Questo aspetto è molto importante perché fa capire che l’obiettivo è quello di utilizzarli come pedine per ottenere in cambio la liberazione di militari russi.
Nel rapporto del 27 giugno 2023, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR) ha identificato un totale di centosessantuno strutture di detenzione utilizzate per trattenere individui nel contesto della guerra. Di queste, centoventiquattro strutture si trovano nel territorio dell’Ucraina occupata, di cui cinque in Crimea.
Altre trentacinque strutture di detenzione, che includono centri di detenzione preventiva, colonie penali e campi temporanei, si trovano nella Federazione Russa. Inoltre, gli investigatori dell’OHCHR hanno scoperto due sedi situate in Bielorussia utilizzate dalle forze armate russe come strutture di detenzione temporanee o di transito per le persone detenute, compresi i prigionieri di guerra trasferiti dalle regioni settentrionali dell’Ucraina.
MIHR ha pubblicato una mappa dei luoghi di prigionia gestiti dalle forze armate russe. La mappa contiene dati relativi a oltre ottanta centri di detenzione situati in Russia, Bielorussia e nei territori temporaneamente occupati dell’Ucraina, raccolti intervistando i testimoni: civili tenuti in ostaggio e soldati tornati dalla prigionia.
Inoltre, dalle testimonianze raccolte si è riusciti a definire un quadro abbastanza chiaro delle condizioni a cui sono sottoposti le persone rapite, che includono anche gruppi vulnerabili come bambini piccoli, adolescenti, persone con disabilità, donne e anziani.
Tatiana, figlia dell’ostaggio Mykola Savchenko della regione di Kherson, ha riferito: «È stato rapito dalla casa del vicino dove stava giocando a scacchi. L’esercito russo è entrato in casa, li ha bendati e portati via nel bagagliaio di un veicolo. Mio padre, cinquantotto anni, è stato preso il 3 aprile 2022 e non è ancora tornato. Prima di lui hanno preso anche ragazzi, non c’è un limite di età».
Volodymyr Khropun, un volontario della Croce Rossa ucraina della regione di Kyjiv, ha raccontato: «Alcuni di noi sono stati sottoposti a torture. Ho personalmente visto l’uso di due pistole elettriche su un ragazzo. Il 23 marzo 2022, un gruppo di quattordici persone, me compreso, è stato portato via da Dymer. Lungo il percorso, è stata aggiunta al nostro gruppo un’altra donna. Abbiamo trascorso la prima notte all’aeroporto di Hostomel, prima di essere trasportati in Belarus in due camion Ural.
C’erano da trentacinque a trentasette individui in ciascun camion, con solo pochi soldati tra loro. Circa il novanta per cento dei detenuti erano civili. Siamo stati costretti a firmare documenti bendati, senza alcuna spiegazione sui contenuti. Siamo stati trattati come merci, rapiti e trasportati in un altro Paese, dove siamo stati sottoposti a interrogatori senza alcuna forma di protezione legale».
I civili ucraini presi in ostaggio dai russi, alcuni mentre facevano volontariato e distribuivano aiuti umanitari alla popolazione civile, sono spesso detenuti insieme ai prigionieri di guerra, in ambienti insalubri, privi di provviste di cibo, acqua potabile e cure mediche. Da marzo 2022, sia civili che militari sono stati detenuti a Olenivka, nell’oblast di Donetsk.
Indipendentemente dal loro status, emerge dalle testimonianze raccolte che tutti i detenuti sono sottoposti alla procedura di ammissione, che è stata definita come tra le peggiori fasi della detenzione, nella quale si consumano varie forme di violenze fisiche, torture psicologiche e persino finte esecuzioni.
Un ostaggio civile della regione di Zaporizhia, che desidera rimanere anonimo, ha condiviso la sua esperienza dopo essere stato scambiato con un prigioniero russo: «All’arrivo a Olenivka, siamo stati riclassificati come prigionieri di guerra invece che civili. Ci hanno tenuto in baracche e sottoposti a costanti abusi fisici, tra cui colpi in faccia e spari in prossimità delle nostre teste. A Tokmak, ci hanno bendati e ci hanno spinto deliberatamente con la testa contro pali di ferro, prima di picchiarci con un bastone sulle gambe e sulla schiena. Anche a Melitopol abbiamo subito torture. A Kursk siamo stati picchiati tutti, mi hanno costretto a strisciare fino a quando i gomiti cominciavano a sanguinare e la testa sembrava spezzarsi. Ci picchiavano per divertimento usando taser e manganelli».
Viktor Prokhun della regione di Kyjiv ha testimoniato di come è stato sottoposto a una finta esecuzione. Durante una perquisizione, sono stati trovati alcuni suoi libri ucraini su argomenti patriottici: «Quando hanno trovato i libri, uno dei soldati ha esclamato: “Sei esattamente ciò che stiamo cercando. Ci pagano un milione per un vero Banderita”. Poi mi hanno portato davanti a un pozzo e hanno simulato un’esecuzione. Mi hanno costretto a inginocchiarmi e hanno iniziato a sparare sopra la mia testa».
Oltre a un’analisi dettagliata dei luoghi di detenzione degli ostaggi civili, MIHR ha recentemente pubblicato un report che mette in luce le condizioni a cui sono sottoposti i civili una volta rapiti. Il documento descrive le strutture di detenzione in tre regioni: Kyjiv, Chernihiv e Sumy, nonché le rotte di trasporto dei detenuti civili basate su prove specifiche.
Nonostante siano state occupate fin dai primi giorni dell’aggressione russa, queste regioni sono state liberate rapidamente dall’Ucraina, perciò è qui che si sono concentrate le prime indagini sul campo, le interviste a testimoni e vittime di crimini di guerra, e le visite ai luoghi di detenzione dei civili da parte delle forze militari russe.
Le informazioni sono state raccolte usando il sistema di documentazione delle indagini I-DOC per l’analisi e la sistematizzazione delle indagini sui crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Si tratta di un sistema che facilita il trattamento dei fatti legati alle gravi violazioni degli standard internazionali nel campo dei diritti umani e del diritto penale che si rifà alla tassonomia della matrice dei casi della Corte Penale Internazionale e al Case Matrix Network.
Al 31 agosto 2023, il contributo di MIHR al sistema I-DOC ammontava a centosei documenti registrati. Questi documenti includono testimonianze documentate anche con materiale fotografico. Tra queste c’è la storia di Mikola, rapito nella regione di Kyjiv il 3 marzo 2022, che ha raccontato come lui e gli altri due uomini con cui si trovava siano stati cosparsi di benzina: «Ho avuto la fortuna di indossare abiti da lavoro resistenti alle intemperie – la benzina mi è arrivata solo attraverso le pieghe.
L’altro ragazzo, invece, aveva vestiti ordinari che si sono completamente inzuppati, causandogli la caduta di metà della pelle. L’ho visto dopo quando siamo stati entrambi visitati in una tenda medica in un campo nella regione di Kursk».
Racconta sempre Mykola che nel periodo in cui i civili sono stati detenuti in un campo all’aperto, la temperatura esterna era di quindici gradi sotto zero: «Le persone sono state lasciate senza cibo per almeno quattro giorni e ci privavano anche dell’acqua. Ci hanno ordinato di toglierci le scarpe. Versavano acqua nelle scarpe, ma non ci lasciavano bere. Dovevamo restare a terra. Semplicemente sdraiati e aspettare di morire. È quello che è successo a uno di noi. Un pover uomo che aveva il diabete e continuava a gemere. A un certo punto, abbiamo realizzato che non rispondeva più. Non ricordo il suo nome, ma viveva non lontano dal nostro villaggio».
Dopo il terzo o quarto giorno di permanenza nel campo, i civili rapiti sono stati riuniti. Mykola aiutò gli altri a mettersi le scarpe, poiché avevano le mani legate dietro la schiena, mentre le sue erano legate davanti: «I loro piedi erano gonfi per il freddo e non riuscivano a far entrare le scarpe. Non sapevo dove fossimo e quanto fossi ridotto male. Ho aiutato tutti a salire su un veicolo, che è poi partito. I russi erano in procinto di spostare i civili, quando si sono trovati sotto il fuoco. A quel punto, gli ucraini rapiti sono stati lasciati a terra. I russi hanno detto che lasciavano i civili rapiti non protetti per una ragione precisa: se fossero stati uccisi, sarebbe stata colpa dell’esercito ucraino. Per fortuna, tutte quelle persone sono uscite indenni, solo una ha subito una commozione cerebrale».
Ricaricati sul camion sono stati portati in direzione di Chernobyl e poi in elicottero in Belarus. Successivamente, i civili rapiti furono portati in aereo dalla Belarus a un campo per prigionieri di guerra a Kursk. Dopo altri vari spostamenti, Mykola fu rimpatriato in Ucraina il 4 febbraio 2023 nel contesto di uno scambio di prigionieri di guerra.
Sono tanti i particolari della testimonianza di Mykola che si ritrovano negli altri racconti. Durante l’occupazione, l’esercito russo ha stabilito le proprie regole nelle aree popolate e ha compiuto azioni illegali contro la popolazione civile. Dopo la liberazione di città e villaggi, sono stati scoperti numerosi luoghi di detenzione e tortura istituiti dall’esercito russo.
Molti residenti civili sono stati portati in questi luoghi, dove hanno subito mutilazioni e lesioni di varia gravità, e alcuni di loro sono stati trovati uccisi. Molte sono le testimonianze che riguardano la regione di Chernihiv, dove un gran numero di persone è considerato disperso e la loro sorte rimane ancora sconosciuta. Alcuni ostaggi civili sono stati trasferiti nel territorio della Federazione Russa, dove sono detenuti illegalmente in penitenziari.
La liberazione dei territori raramente salva gli ostaggi civili. Sono pochi i casi in cui i russi, ritirandosi, hanno rilasciato delle persone, perché, di solito, i prigionieri civili vengono trasferiti. Per questo gli esperti concordano sulla necessità di istituire un meccanismo efficace ad hoc all’interno dell’attuale quadro giuridico internazionale finalizzato alla protezione e alla liberazione degli ostaggi civili. A questo proposito, Dmytro Lubinets, Commissario per i Diritti Umani del Parlamento ucraino, ha inoltre proposto l’istituzione di un’agenzia governativa speciale che lavori per il rilascio dei civili detenuti dalla Federazione Russa.
Come già sottolineato dalle organizzazioni per i diritti umani, tra cui la FIDU, la detenzione arbitraria e la presa di ostaggi civili durante un conflitto armato sono rigorosamente vietati dal diritto internazionale. Lo spostamento forzato della popolazione da parte della forza occupante costituisce un crimine di guerra e la sistematicità di questa pratica potrebbe prefigurare anche un crimine contro l’umanità.
Tenere alta l’attenzione su quanto accade nei territori occupati dell’Ucraina è dovere della comunità internazionale, sia per proteggere i civili costantemente esposti alle brutalità delle forze armate russe, sia per evitare che narrazioni propagandistiche interferiscano con la verità dei fatti.
Un rischio ancora concreto visto che c’è ancora chi auspica un cessate il fuoco sotto occupazione, pur con la consapevolezza che una tale tregua, seppure duratura, altro non sarebbe che una condanna silenziosa della popolazione civile ucraina ai crimini più atroci che possono essere commessi durante una guerra.