di Marina Ovsyannikova
Dittature
L’ex reporter di Channel One che protestò contro la guerra con un cartello in diretta tv racconta il processo farsa che ha subito dal tribunale di Basmanny, lo stesso che ha condannato Alexei Navalny, Yashin e Kara-Murza
Il mio è un tipico caso di “giustizia fantoccio”. Tutte le sentenze che hanno riguardato i casi politici sono strettamente legate all’amministrazione presidenziale russa. Il tribunale di Basmanny, che mi ha condannata, è diventato da tempo un simbolo della repressione politica in Russia. Proprio in quel tribunale, tanto per fare degli esempi, sono stati processati Alexei Navalny, Ilya Yashin e Vladimir Kara-Murza.
Non è un caso che in Russia si usi addirittura l’espressione “giustizia Basmanny” per indicare un tribunale completamente controllato, che si pronuncia un su ordine di qualcuno.
Attualmente in Russia ci sono già circa 600 prigionieri politici, un altro migliaio di persone sono riconosciute come agenti stranieri. Per conservare il potere, Putin ha bisogno di nemici sia esterni che interni. In questo contesto, tutti coloro che dicono la verità sulla guerra diventano suoi nemici: politici, giornalisti, donne e persino bambini che realizzano disegni contro la guerra a scuola (si pensi al caso della piccola Masha Moskaleva).
In merito alla mia vicenda giudiziaria, sono stata formalmente condannata per aver evidenziato il numero esatto dei bambini uccisi dalle truppe russe in Ucraina. Ho semplicemente riportato le informazioni ufficiali pubblicate sul sito delle Nazioni Unite. La Russia è un membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il sito internet dal quale attingere le informazioni ufficiali non è bloccato in Russia. Qui sta il paradosso. I tribunali definiscono false tutte le informazioni che non sono pubblicate sul portale del ministero della Difesa della Federazione Russa.
Una situazione che mi ha indotto a prendere delle decisioni molto precise. Prevedevo una sentenza di condanna nei miei confronti e per questo ho deciso di fuggire dalla Russia. L’ho fatto per non finire in prigione. È stata una decisione assolutamente giusta.
Come mi sento? Tutto è difficile da sopportare. La cosa peggiore è che hanno costretto i miei parenti, mia madre e mio figlio, a testimoniare contro di me. Quando ho appreso questa notizia devo dire che sono rimasta senza parole.
Mia madre ha un pacemaker, è una persona anziana, malata, e ho paura che il suo cuore non possa sopportare shock così gravi. Inoltre, a Mosca è in corso un processo in cui il mio ex marito sta cercando di privarmi completamente dei diritti genitoriali. Già un anno fa un tribunale russo aveva limitato i miei diritti genitoriali, affermando che «i bambini dovrebbero vivere con il padre, dato che la madre è impegnata in attività politiche».
In Russia i bambini vengono sottratti alle loro madri solo in determinate e gravi situazioni; se, per esempio, le madri conducono uno stile di vita del tutto dissoluto, bevono, fanno uso di droghe. Non ci sono mai stati precedenti simili in cui una donna è stata privata dei diritti genitoriali per motivi politici. Nonostante questo, pur essendo stata costretta a lasciare la Russia – l’ho detto già tante altre volte e lo ribadisco – non mi arrendo, perché ho a cuore il futuro del mio Paese.
Sono in contatto con gli esponenti dell’opposizione russa, partecipo ai forum dell’opposizione. Sono occasioni in cui cerchiamo di fare fronte comune e mantenere vivo l’impegno civico e politico.
A proposito di futuro. Come non pensare a quello della Russia e a quello dell’Europa? Si parla di una riduzione – con il rischio di una eliminazione – dei finanziamenti degli Stati Uniti e dell’Europa in favore dell’Ucraina. Quest’ultima potrebbe, dunque, essere abbandonata al proprio destino. Il nostro compito principale è evitare che ciò accada. L’Occidente non dovrebbe consentire una cosa del genere.
Ieri ho guardato i telegiornali russi: i propagandisti parlavano allegramente di come il Congresso degli Stati Uniti non voglia più finanziare l’Ucraina. A ciò si aggiunga il taglio dei finanziamenti che vorrebbe effettuare l’Europa. Inoltre, un primo ministro filo-russo è salito al potere in Slovacchia. La Russia sta osservando l’evoluzione degli eventi per poi assorbire l’Ucraina. Ma non si fermerà qui; annetterà la Moldavia, la Georgia e si dirigerà verso la Lettonia, la Lituania, l’Estonia e la Polonia. Le ambizioni imperiali della Russia sono infinite. Ecco perché credo che il compito principale delle democrazie occidentali sia quello di fermare il dittatore Putin.
Ritornando a me, ora mi concentro sul presente, che è lontano dalla Russia. Ringrazio la Francia e Reporters sans frontières per il supporto. Senza esagerare posso dire che mi hanno davvero salvato la vita. Il ministero degli Esteri francese, dopo la mia condanna, due giorni fa, si è espresso non solo a mio sostegno, ma anche a sostegno di tutti i prigionieri politici che si trovano attualmente nelle carceri russe. Io non mi arrendo e, per quanto riguarda la mia vicenda giudiziaria, presenterò appello.
Un avvocato del progetto per i diritti umani OVD Info (organizzazione che si batte in Russia per il rispetto dei diritti umani, ndr) mi ha già contattato per assistermi legalmente. Quando la Russia vivrà tempi diversi e farà di nuovo parte del mondo civilizzato, proseguirò la mia battaglia.
Non mi fermerò: ho intenzione di presentare un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, quella stessa Corte dalla quale la Russia è uscita l’anno scorso.
(Marina Ovsyannikova, collaboratrice del Dubbio)