IL CASO
Il politologo dell’Università di Firenze, rimane incredulo di fronte all’intervento del presidente dell’Anpi: “Mi sembra un uso della ricerca storica a fini politici. Direi: una strategia della diffamazione”
L’unico che ha sempre evitato di chiamare “fascista” è Vladimir Putin, nonostante la vasta letteratura esistente in materia. Per il resto, Gianfranco Pagliarulo – presidente dell’Anpi senza essere stato partigiano – dà la caccia al “fascio” con imperturbabile creatività, stiracchiando il concetto fino a far rientrare nell’etichetta anche il serio e autorevole Marco Tarchi.
“Storico sostanzialmente legato al fascismo”, lo ha definito nel suo intervento alla Camera, mercoledì, in occasione della presentazione delle proposte di legge sul contrasto ai fascismi, promosse dal Partito democratico. Mentre Tarchi del fascismo è uno studioso, non un militante, con una bibliografia che dal Ventennio arriva alla destra europea e ai più recenti soprassalti populistici. Era appena arrivata, la segretaria del Pd, Elly Schlein, nella sala Berlinguer, quando Pagliarulo legge una definizione del regime scritta da Tarchi.
“In modo elegante”, dice, “disegna bene il fascismo”. Approvandone il merito. E sottintendendo che se l’ha scritta un fascista, è ancora più vera. Quando facciamo ascoltare l’intervento a Tarchi, politologo dell’Università di Firenze, precipita nell’incredulità. “Mi fa sentire meglio?”. Poi, si ripara nella risata dell’uomo messo di fronte all’assurdo.
“Che vuole che le dica? E’ ridicolo”. Infine, risponde: “Io non sono legato al fascismo. Per una dozzina di anni, ho militato nel Movimento sociale italiano. Esperienza che ho sottoposto a una severa autocritica personale. Non ho fatto abiure. Ma un profondo esame di coscienza sì. Quello di Pagliarulo mi sembra un uso della ricerca storica a fini politici. Direi: una strategia della diffamazione”.