di EUGENIO GIANNETTA
In un'intervista per Harper's Bazaar il fotografo racconta la sua carriera: da Montaggio con Brianna Carafa fino ai reportage per Il Mondo.
i rivolgo a te, lettore: credi nel destino? Con il tempo io, come tutti quelli che inciampano nei giorni che diventano anni di disillusioni, ho iniziato a crederci sempre un po’ meno. Eppure a volte capita una forma di predestinazione che non so spiegare. Se ripenso a tutto quello che è dovuto accadere per essere qui, ora, a scrivere questa intervista al celebre fotografo Paolo Di Paolo (reporter del Mondo di Pannunzio – nonché collaboratore di Harper’s Bazaar America – che smise di scattare nel 1966 e adesso ha 95 anni), sembra impossibile, eppure è reale.
C’è voluta una pandemia. Che mi facesse riscoprire un’antica passione per la poesia e mi spingesse a leggerne una al giorno su Instagram. C’è voluta una casa editrice (Cliquot) specializzata nel recupero dei classici mancati e dei manoscritti ritrovati in umide cantine. C’è voluto il ritrovamento di 250 mila fotografie da parte di Silvia, la figlia di Paolo, mentre (sempre in una cantina) cercava un paio di sci; quando le ho chiesto di intervistare suo padre mi ha fatto solo una raccomandazione: “Con lui, parla a voce alta”.
Di quegli scatti ritrovati, lo scorso anno al MAXXI di Roma, c’è stata una personale “Paolo di Paolo. Mondo perduto” con ritratti di Anna Magnani, Mastroianni, Pasolini e tanti altri personaggi famosi di quegli anni, immortalati tra il ’54 e il ’66. E su questo aspetto Di Paolo mi confessa: “Quando dovevo fare dei reportage, mandavo sempre prima dei fiori” … leggi tutto