Il primo dicembre, confermando di aver ricevuto da Roma una nuova richiesta di procedura Tris (Technical Regulation Information System) in relazione alla legge sulla carne coltivata, una portavoce della Commissione europea ha affermato: «La notifica sarà esaminata nel merito e nella sostanza a prescindere dalla procedura legislativa».

Ha poi aggiunto: «Quanto ai tempi, l’obbligo è di notificare le bozze e da quel che sappiamo questa legislazione non è ancora applicata in Italia». In ogni caso, ha concluso la portavoce, «se una legge con obbligo di notifica non segue tale obbligo e il provvedimento entra in vigore in uno Stato, per dichiararla inapplicabile si può fare ricorso ai tribunali nazionali».

MA PERCHÉ QUEST’ULTIMO passaggio? La procedura Tris prevede di solito un periodo di tre mesi durante il quale la Commissione Ue e gli altri Stati membri possono inviare al Paese che ha fatto pervenire la notifica a Bruxelles un’opinione dettagliata oppure singole osservazioni. In questo lasso di tempo, anche detto standstill period che può estendersi fino a sei mesi nel caso in cui lo Stato (in questo caso l’Italia) riceva un’opinione dettagliata, la legge non può essere adottata.

Ora, l’anomalia italiana è che la legge è già stata promulgata il 1 dicembre, è in Gazzetta ufficiale ed entrerà in vigore il 16 dicembre. Ecco perché la Commissione, rimarcando l’eccezionalità della situazione (anche se quello italiano non è a dire il vero un caso isolato), ha menzionato la possibilità dei ricorsi.

Una fonte dei gruppi parlamentari europei raggiunta dal manifesto afferma che è altamente probabile che la Commissione farà un richiamo all’Italia per chiedere la modifica del testo di legge. Per come è scritto, non è chiaro se con esso si voglia impedire l’importazione in Italia della carne coltivata all’estero da produttori stranieri, oltre che bloccare la produzione italiana. Se questo fosse il caso, la Commissione interverrebbe certamente, chiedendo modifiche per impedire un danno al mercato comune europeo.

In una interpretazione più limitata, ovvero che la legge preveda soltanto il divieto ai produttori italiani, il danno sarebbe comunque ingente per l’Italia. E anche in questa circostanza, non è escluso che Bruxelles possa ugualmente fare osservazioni a quello che sarebbe comunque un danno per la competitività a livello Ue.

UN’ALTRA FONTE parlamentare – meno severa nei confronti della mossa di Roma – osserva invece che il problema della legge italiana in questione è soprattutto quello di andare a vietare qualcosa che sul mercato ancora non c’è. Se dunque il provvedimento, una volta in vigore, non blocca la libera circolazione delle merci, su cosa dovrebbero concentrarsi le osservazioni Ue?

«È positivo che il governo abbia ripresentato il testo all’Unione europea attraverso la procedura Tris, impegnandosi a conformarsi alle osservazioni ricevute dalla Commissione», osserva Francesca Gallelli, consulente per l’organizzazione no profit The Good Food Institute. «Ci auguriamo che Stati membri e Commissione esaminino con attenzione il provvedimento per garantire la coerenza nel mercato unico e che l’Italia non si trovi in posizione di svantaggio rispetto agli altri Paesi europei».

«La scelta fatta dall’Italia è suicida e non solo per ragioni di sostenibilità ambientale» affonda Ignazio Corrao, eurodeputato indipendente nel gruppo dei Verdi europei. «Quella del governo Meloni è solo propaganda, che ritarderà l’ingresso del nostro Paese nel mercato della carne sintetica di due o forse tre anni», conclude Corrao, facendo riferimento all’impossibilità di fatto di bloccare lo sviluppo del settore in Italia nell’immediato futuro.