Defascistizzare Amazon, che cavolata: la ‘battaglia’ dell’Anpi è ai limiti della capacità di intendere e volere (ilriformista.it)

di Andrea Ruggieri

La fiera delle vanità

Incredibile. Di che mi tocca scrivere… Nell’Italia dove ormai si discute solo di cavolate che sarebbero da ridere se non fossero da piangere, ancora una volta l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani si distingue per una battaglia ai limiti della capacità di intendere e volere: defascistizzare Amazon, perché online è possibile acquistare dei gadget a tema fascista o raffiguranti il Duce. Statuette, portachiavi, spille, boccali. Minchiate, insomma. Che infatti nessuno compra, per mancanza (benedetta) di interesse.

Perché la lotta al fascismo che non c’è interessa solo a qualche rottame che privo del proprio alter ego non può più pontificare, in omaggio al principio simul stabunt simul cadent. Ma Anpi ritiene queste minutaglie inutili degli “elementi inquietanti e offensivi per chi ha sofferto a causa dei regimi fascista e nazista, e per tutti coloro che credono nei valori democratici”.

Non sorprende: Anpi è una associazione di cui non mi vergogno di pensare, pur rischiando io la lapidazione sulla pubblica piazza, che sia la fiera delle vanità inutili di quattro comunisti, che lagnano pensierini archeologici su qualunque cosa non li riguardi minimamente (dal clima alle riforme istituzionali).

Non gli ho mai sentito dire qualcosa di minimamente intelligente. Solo sciocchezze. Compresa questa, cioè di defascistizzare Amazon. Che per inciso è un’azienda antifascista per definizione, nel senso che nasce e cresce per espressa adesione al sistema capitalistico, cioè liberale e libertario, che di fascista ha meno di zero essendo stato questo invece un sistema statalistico-dirigista, ed è azienda targata America, cioè la potenza democratico-liberale cui noi italiani dobbiamo la liberazione dal nazifascismo, anche se questo procura un travaso di bile a chi ha sempre voluto scippargli questo merito storico per attribuirlo, ridicolmente, a parte dei partigiani (quelli rossi, malgrado non ci fossero solo quelli).

Ora, su Amazon è in vendita di tutto: anche cimeli comunisti, busti di Stalin (uno che nella storia occupa un posto assai peggiore di quello occupato da Mussolini, se mi è consentito fare paragoni tra personaggi famigerati), bandiere rosse con la falce e il martello, vessilli dell’ex Jugoslavia di Tito, o t-shirt con il simbolo delle Brigate Rosse.

È più tollerabile la vendita di questi rispetto a una statuetta del Duce? E perché mai? Ad oggi, non esiste una norma che vieti di possedere cimeli di periodi storici che hanno costituito una vergogna, ma che hanno avuto una loro tragica rilevanza. La si proponga, allora. Il concetto di defascistizzazione poi è ridicolo. Vogliamo bonificare dalla memoria del ventennio fascista tutta Italia?

Bene. Facciamo brillare il Foro Italico, poi proseguiamo con la demolizione del quartiere Eur, quindi mettiamo al bando busti, statue, persino meme che contengano il viso di Mussolini. Poi inviamo l’esercito a San Gregorio Armeno, a Napoli. Perché tra mille personaggi, esiste e viene venduta la statuetta che raffigura Benito Mussolini. Che in ipotesi io potrei anche comprare, per giocarci a freccette o poggiarci il rotolo di carta igienica. Ma a quel punto, per analogia, pretendo si faccia altrettanto con tutto quanto è espressione dell’Impero del Male, cioè il regime comunista.

Oppure facciamoci un favore. Dedichiamo energie a combattere cause migliori, e lasciamo perdere certe sciocchezze. Riserviamo i nostri dibattiti a come la nostra società possa migliorare aumentando il suo livello di benessere. Che i pericoli di autoritarismo si poggiano sulla povertà economica di una società, non sui cimeli folkloristici che grazie a un’impresa figlia della libertà che ha ucciso per fortuna il fascismo, si possono benissimo vendere.
E chi se ne frega.

(Souvenir shops in the centre of Predappio)

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