La paura delle relazioni e l’ossessione del sesso dietro il no alla bella proposta di Valditara (ildubbio.news)

di Tiziana Maiolo

L’idea del responsabile dell’Istruzione fermata 
da una buona dose di bigottismo e vigliaccheria

Chissà se è stata la società del maschio o la società del pregiudizio a indurre il ministro Giuseppe Valditara a sospendere la nomina delle garanti al progetto per le scuole “Educare alle relazioni”, tre donne di grande levatura culturale come Annapaola Concia, suor Monia Alfieri e Paola Zerman.

Sicuramente una grande miopia politica si è impadronita dei principali partiti di maggioranza e di opposizione, sbalestrati tra gli opposti estremismi di movimenti per la vita piuttosto che per la fluidità. Una volta di più la politica ha mostrato, nel momento in cui avrebbe dovuto esibire la sua forza tranquilla, la propria fragilità, pari a quella del maschio da “rieducare”.

Nel centrodestra, da Fratelli d’Italia alla Lega sembra prevalere una sterzata ancorata più verso il bigottismo piuttosto che uno stantio dio- patria- famiglia. Quanto al Partito democratico, pare giacere a terra avvolto dal proprio silenzio. Neppure una parola a difendere una propria figlia, quella Annapaola Concia che è stata anche deputata sotto quella bandiera.

E che è stata lasciata sola mentre veniva sbranata, più che da destra, dagli estremismi ideologici di sinistra per la sua capacità di dialogo con tutti (“persino” con Ignazio La Russa) e da chi temeva che il trio delle garanti, per la sua composizione, non fosse in grado di difendere gli studenti da posizioni “omolesbobitransfobiche”. Una sola voce si è sentita da parte di Forza Italia, quella del giovane sottosegretario ai trasporti Tullio Ferrante, che ha applaudito il ministro per la sua capacità di dialogo, apertura civile e pluralismo.

Uno solo, nel partito di Berlusconi. Ma, a parte il coraggio di due persone, un ministro e un sottosegretario, una volta di più il mondo dei partiti, già in agitazione per le elezioni europee che si terranno tra sei mesi, ha mostrato la propria subalternità, una volta tanto non alla magistratura, ma comunque ad altre corporazioni.

Un’occasione persa? Sicuramente, anche se comunque, assicura il ministro, il progetto andrà avanti. Sappiamo benissimo tutti, non c’è bisogno che ce lo spieghino i detrattori, che non sarà qualche incontro tra i ragazzi e qualche esperto a cambiare le culture. Ma qualche segnale bisognerà darlo, e da qualche punto bisognerà partire. Abbiamo tutti quanti, e quotidianamente, sotto gli occhi che cosa sono le guerre, ce ne sono almeno due in corso, e in che cosa consista il bottino di guerra, cioè il possesso del corpo delle donne, che viene stuprato e posseduto e scambiato.

E c’è in Italia quel numero, 109, in cui è compresa Giulia Cecchettin, che segna quotidianamente questi temi di violenza e femminicidio. E sappiamo che cosa sia l’anticamera, quel che viene prima del gesto definitivo. Sta cercando di comunicarlo agli altri uomini Gino Cecchettin, il padre di Giulia, che ha spiegato domenica sera in tv come il proprio cambiamento sia avvenuto a opera di una donna, sua moglie Monica, che prima di morire, un anno fa, gli ha chiesto scusa.

Perdonami, gli ha detto, per non aver saputo prima di incontrarti, che poi mi sarei ammalata e vi avrei dato questo grande dolore. Da quel giorno, dice il padre di Giulia, ho cambiato atteggiamento anche nei confronti dei miei figli, ho iniziato a dire “ti amo” e “ti voglio bene”.

Certo, non è bastato a proteggere la figlia dalla fragilità violenta dell’altro, dalla sua possessività ossessiva che gli ha poi armato la mano. Ma questo discorso è un punto di partenza, ed è importante che provenga da un uomo. Questo dovrebbe, potrebbe essere il senso degli incontri proposti a scuola dal ministro Valditara, e che persone come le tre “esperte” indicate come coordinatrici avrebbero saputo orientare.

Ma pare che in Italia ci sia sempre l’ossessione del sesso a esaltare o mortificare qualunque iniziativa di cambiamento. Da una parte il timore che a scuola si possa parlare tranquillamente di relazioni senza escludere, o trattare come un fardello, il corpo. Dall’altra quasi il dovere di dare universalità alle scelte di alcuni. Mentre i bisogni oggi sono altri, e li hanno bene espressi le tante manifestazioni che hanno seguito la morte di Giulia Cecchettin.

Aiutare tutti a guardare una società di donne e ragazze emancipate che meritano rispetto invece che controllo. Aiutare i genitori ad avere una vera relazione con i figli, a saper dire di no, in modo che, dentro e fuori dalla famiglia, ogni ragazzo e ogni uomo sappia rispettare anche il no da parte della donna. Incontrarsi, parlarsi. In casa, certamente, tra padri madri fratelli e sorelle, figli e figlie.

Ma perché non anche a scuola? Ma di che cosa avete paura, tutti voi che avete indotto un bravo ministro con un buon progetto a fare quel piccolo passo indietro? 

Conta di più qualche voto o il futuro delle vostre figlie e di tutte le donne?

(Claudio Schwarz)

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