Credibilità Meloni disintegrata, volgarità Gasparri merita solo querele e Pd diventa sesta stella (ilriformista.it)

di Matteo Renzi

Dai pacchi regali al pacco di stabilità

Tutto sembra sotto controllo.
La legge di Bilancio viene approvata con le marchette di Lollobrigida, due milioni di euro solo per il suo staff.
Giorgia Meloni umilia i suoi parlamentari impedendo di firmare emendamenti e considerandoli semplicemente schiaccia tasti, pigia-bottoni. Il Senato va in vacanza, prima di tutti, come sempre.

Eppure a Palazzo Madama c’era un clima diverso dal solito.
La sensazione è che la vicenda MES sia più grave di quello che sembra.
E non per le ripercussioni a Bruxelles che saranno minime ma per le plurime ripercussioni in Italia, a Roma.

Fratelli d’Italia segna l’inizio della campagna elettorale di Giorgia Meloni che abbandona ogni remora moderata e si mette alla testa dei sovranisti. Aveva detto: con me finirà la pacchia dell’Europa, chiederò un pacchetto, cambierò tutto. È finita a mani vuote. La credibilità internazionale della premier esce disintegrata da questa ennesima caporetto diplomatica.

Dopo l’Expo 2030, dopo la presidenza della Banca Europea degli Investimenti, ecco ancora un insuccesso dell’aspirante statista. Lei funziona meglio come influencer globale che come amministratrice pubblica. Non è un caso che mentre i ministri tedesco e francese dialogavano sul patto di stabilità, la nostra premier fosse concentrata sul pandoro-gate approfittando della crisi dell’altra influencer nazionale, la Ferragni.

La Lega porta a casa la vittoria sul Mes, ma si trova la concorrenza feroce di una Meloni che si schiaccia a destra e di un Conte che fa… Conte. Cioè un uomo capace di sostenere tesi opposte con la stessa veemenza. Conte è al contempo l’uomo che firma i decreti Salvini sull’immigrazione e il punto di riferimento della sinistra progressista.

È il premier che firma il Mes e il deputato che vota contro il Mes. È tutto e il contrario di tutto.

E l’ambiguità di Conte mette in fuorigioco il Partito Democratico. C’era una volta un PD riformista, garantista, che non voleva l’aumento delle tasse e che sosteneva il lavoro. Oggi il PD è diventato la sesta stella: per il reddito di cittadinanza, per il giustizialismo, per i sussidi. E questo PD anziché rivendicare il lavoro di Paolo Gentiloni insegue la narrazione di Rocco Casalino: de gustibus non disputandum est.
Rimane Forza Italia.

C’era una volta un grande partito europeista, adesso c’è il partito del vorrei, non vorrei, ma se vuoi. Tajani passa i mesi a sostenere il Mes e al primo voto utile si astiene. Quanto sono lontani i tempi in cui Kohl e Aznar portavano Berlusconi nella grande famiglia dei moderati europei. Oggi di moderato Forza Italia non ha nemmeno il linguaggio come conferma il fatto che alla guida ci sia uno come Maurizio Gasparri, la cui volgarità non merita commenti. Solo querele.

Sotto l’albero di Natale della politica italiana non ci sono pacchi regali ma solo un pacco di stabilità che costringerà alla manovra correttiva nel 2024. E un Mes che riserverà sorprese. Auguri di Buon Natale, l’Italia ne ha bisogno.

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