di Matteo Renzi
Tutto fumo e poco arrosto
Tra qualche ora saluteremo il 2023 e le sue contraddizioni. Credo giusto dedicare l’ultimo editoriale di quest’anno alla politica italiana. Perché il 2023 registra alcuni dati di fatto molto interessanti. E ci consegna un quadro per il 2024 con molte nuvole e poche certezze.
La stella di Giorgia Meloni brilla ancora alta nei sondaggi ma è data in caduta libera tra i commentatori che fino a qualche mese fa ripetevano banalmente: “Governerà trent’anni”. Che poi a forza di dirlo a tutti, governerà trent’anni, nessuno supera i tre anni. Ma questa è un’altra storia. Meloni è nervosa e facilmente irascibile nei rapporti politici almeno quanto è inconcludente nella gestione amministrativa del Governo.
Chi la ama la definisce perfetta nei rapporti internazionali. E bisogna riconoscerle un talento in quanto a empatia nelle relazioni personali con gli altri leader globali. Ma è tutto fumo e poco arrosto. In Europa l’Italia è stata respinta con perdita sul patto di stabilità e ha reagito con il più classico dei falli di reazione, il No al Mes.
Sull’Expo siamo arrivati terzi su tre, umiliati persino dalla Corea del Sud: mai la diplomazia italiana aveva vissuto una pagina così ingloriosa come quella di Roma2030. Sulle nomine internazionali non tocchiamo palla come ben sa il povero Daniele Franco, escluso dalla leadership della BEI.
Gli alleati più cari e più intimi di Giorgia Meloni hanno perso sia in Spagna che in Polonia e se vale il detto “Non c’è due senza tre” il prossimo amico della premier ad essere giubilato sarà il britannico Sunak, questione di mesi. Simbolo di questo atteggiamento tutto basato sull’immagine è la precipitosa fuga della Giorgia nazionale dal G7 per andare in Romagna a fare una passerella senza che allo show mediatico siano seguiti gli stanziamenti necessari a fronteggiare la ripresa post alluvione.
Come dice la nostra copertina di fine anno in maggioranza ormai è tutti contro tutti: sono le botte di fine anno che fanno più rumore dei botti di fine anno a segnare la politica del nostro Paese. Ma la ragione per la quale la Meloni può aspirare a mangiare il panettone 2024 è nell’opposizione. La vittoria di Schlein contro Bonaccini alle primarie, dovuta alla partecipazione al voto dei grillini, ha ribaltato il voto degli iscritti Dem ed è stato il regalo più grande alla Premier.
Il resto lo fa il combinato disposto del populismo di Giuseppe Conte che ha scelto di fare da stampella quando serve alla maggioranza (sul Mes come sulla Rai) facendo la guerra al PD. Che però non se ne è accorto. E l’assurda decisione di chiudere all’improvviso, con un lancio di agenzia, la federazione del Terzo Polo impedisce ai moderati di avere una casa unitaria capace di stare stabilmente a doppia cifra.
Insomma: la Meloni ha vissuto un 2023 strano. I problemi le derivano dai propri alleati. Ma a salvarla – per il momento – ci hanno pensato quelli che in teoria dovrebbero farle opposizione. Vedremo l’anno prossimo, per ora auguri.