di David Romoli
La leader dem in affanno
La penosa vicenda di Pozzolo, il Fratello d’Italia pistolero che ha rifiutato il test della paraffina, gonfia le vele degli anticasta
Il deputato FdI Pozzolo, quello dalla cui pistola era partito il colpo che nella notte di capodanno ha ferito un malcapitato ma anche la presidente del Consiglio, si è rifiutato, invocando l’immunità parlamentare, di sottoporsi ai test atti a verificare se fosse stato lui a sparare e per lo stesso motivo ha negato la consegna degli abiti indossati al momento del fattaccio.
È probabile che alla notizia Giuseppe Conte abbia stappato l’ultima bottiglia sopravvissuta ai brindisi di mezzanotte. Il Movimento è nato e si è ingrassato sul rancore contro la Casta e più Casta di così si muore.
Non è il primo favore che il principale partito di governo e della destra italiana fa all’ “avvocato del popolo”, prima di Pezzolo ci aveva pensato Meloni in persona ingaggiando in aula uno scontro verbale violentissimo, terreno sul quale Conte si muove ormai come a casa propria mentre la premier arranca e annaspa.
Il pentastellato ha fatto un figurone, la segretaria del Pd è letteralmente scomparsa dal centro della scena. I risultati si vedono un sondaggio online ancora in corso su chi è il vero leader dell’opposizione che starebbe dando per il momento risultati inequivoci con l’avvocato in testa di infinite lunghezze. È possibile che il test si riequilibri un po’ ma chiunque bazzichi il palazzo sa bene che la tendenza è quella.
Esattamente un mese fa alla medesima domanda sulla leadership dell’opposizione la maggioranza dei consultati rispondeva Maurizio Landini, ma anche in quel caso al secondo posto si piazzava Conte mentre Elly era staccata di molte lunghezze.
Il segretario della Cgil, comunque, assicura di non essere interessato e in ogni caso l’esito del test era certamente influenzato dalla fase sindacalmente più calda, che coincide sempre con la presentazione della legge di bilancio.
La premier, del resto, sembra farlo apposta a prendere di petto il leader dei 5S come se il rivale diretto fosse molto più lui che non l’outsider che guida il Pd. Probabilmente, del resto, non solo “sembra” ma è proprio così.
La prova delle europee sarà importante ma non decisiva: le elezioni per il sindaco di Firenze e poi quelle regionali del 2025, molto più a rischio, invece lo sono.
Nel Pd, per quanto nessuno lo ammetterebbe, il dubbio di aver scommesso su una carta perdente dall’estate in poi è cresciuto esponenzialmente e il pronunciamento di Prodi, amico di famiglia, a sostegno della segretaria non è bastato a dissiparlo. Perdere Firenze o una delle due regioni rosse, la Toscana e l’Emilia, sarebbe per Elly fatale.
La prova è ancora distante, il tempo per recuperare ci sarebbe. L’aspetto per il Pd più preoccupante è però che la leader non sta impostando alcuna strategia per riprendere in mano la situazione e la trovata alla quale starebbe pensando, mettere in lista per le europee una quantità di esponenti del mondo centrista e aziendale, si profila come il classico rimedio peggiore del male.
Schlein deve la sua vittoria a sorpresa alla promessa, poi non mantenuta o mantenuta solo al livello superficiale degli slogan, di indirizzare il partito in direzione opposta. Sterzare per recuperare elettori a destra porterebbe solo la paralisi al massimo livello.