di GIULIA DOTTI SANI, NICOLA MAGGINI, MARTA MORONI E CRISTIANO VEZZONI
Sulla carne coltivata il dibattito è aperto, con ancora molti interrogativi su modalità di produzione, benefici ambientali e implicazioni etiche.
Sul tema gli italiani sembrano avere opinioni variegate. Spesso orientate dalle posizioni politiche.
Cos’è la carne coltivata
Il 16 novembre 2023 la Camera dei deputati ha approvato un disegno di legge che vieta la produzione e la commercializzazione della carne coltivata in Italia, rendendo il nostro paese il primo al mondo a proibire questo tipo di prodotto. Una scelta in controtendenza con quella di altri paesi, tra cui gli Stati Uniti, in cui la carne coltivata è già stata approvata dalle autorità sanitarie ed è disponibile alla vendita.
La cosiddetta carne coltivata è un tipo di carne ottenuta attraverso la coltivazione di cellule animali in un ambiente controllato, anziché attraverso l’allevamento e l’abbattimento di animali. Secondo i sostenitori, questo approccio ha il potenziale per ridurre la dipendenza dall’allevamento intensivo di animali, limitare gli impatti ambientali associati all’industria della carne e fornire una fonte di proteine alimentari in modo più sostenibile.
Chi è contrario, invece, sostiene che la carne coltivata non risolverebbe il problema del consumo di energia e suscita interrogativi sulla protezione della salute e sulla qualità del cibo, nonché sulla possibile drastica riduzione delle persone attualmente impiegate nel settore. Questa è, ad esempio, la posizione di un insieme variegato di gruppi e associazioni, prima fra tutte Coldiretti.
Il dibattito sulla carne coltivata è dunque aperto, e vi sono ancora molti interrogativi rispetto alle modalità di produzione, ai possibili benefici ambientali e alle implicazioni etiche. Vale tanto per gli attori direttamente coinvolti nella questione, quanto per i comuni cittadini.
È dunque interessante vedere cosa pensano gli italiani della carne coltivata. In questo articolo proponiamo una breve analisi basata sui dati della sesta wave dell’indagine ResPOnsE COVID-19 (N campione = 2914) per mostrare come si differenziano gli atteggiamenti degli italiani sulla carne coltivata.
Le opinioni degli italiani secondo le loro caratteristiche socio-demografiche e attitudinali
Solo l’11 per cento degli intervistati non ha mai sentito parlare di carne coltivata, ma le opinioni sul prodotto sono piuttosto eterogenee. Il 40 per cento degli intervistati è contrario alla vendita. Il 45 per cento è d’accordo a che il prodotto venga venduto, ma meno della metà di questi (il 20 per cento del campione) sarebbe pronto a consumarlo fin da ora. Rimane un significativo 16 per cento che non ha un’opinione al riguardo.
L’essere contrari alla vendita e al consumo varia considerevolmente nelle diverse fasce della popolazione. Sono infatti più contrarie alla carne coltivata le donne degli uomini (40 per cento contro 34 per cento), gli over 65 rispetto ai 18-34enni (46 per cento contro 16 per cento) e le persone con al massimo la licenza media rispetto ai laureati (43 per cento contro 33 per cento).
Infine, le opinioni degli italiani si differenziano anche in base all’atteggiamento verso la scienza e l’ambiente: all’aumentare della fiducia negli scienziati e della preoccupazione per il cambiamento climatico diminuisce la contrarietà nei confronti della carne coltivata.
Il profilo socio-demografico o gli atteggiamenti su questioni concettualmente affini spiegano solo in parte le posizioni sulla carne coltivata, un tema nuovo e ad alto contenuto tecnico: in questi casi di solito la maggior parte delle persone si forma un’opinione ricorrendo a scorciatoie cognitive.
Le opinioni sul tema sono filtrate dalle posizioni politiche?
Fin dal suo esordio, il dibattito sulla carne coltivata è stato politicizzato dal governo Meloni, che ha preso una posizione contraria. Ci possiamo quindi aspettare che la posizione sull’argomento venga in buona parte filtrata dalla propria posizione politico-ideologica, con una prevalenza di contrari tra le persone di orientamento di destra e un atteggiamento più favorevole alla vendita e al consumo tra le persone di sinistra.
Coerentemente con la nostra ipotesi, la figura 1 mostra come spostandosi da sinistra a destra sulla scala dell’auto-collocazione politica aumenta significativamente la percentuale dei contrari alla carne coltivata. A sinistra, i contrari sono meno del 25 per cento, mentre chi non si colloca presenta una distribuzione simile a chi si colloca a destra.
Figura 1 – Percentuale con intervalli di confidenza al 95 per cento di contrari/favorevoli alla vendita e al consumo di carne coltivata per auto collocazione sull’asse sinistra-destra
È plausibile che la relazione tra auto-collocazione politica e atteggiamento verso la carne coltivata sia dovuta, più che alla natura intrinsecamente ideologica della questione, a un effetto priming esercitato dal posizionamento del governo Meloni.
Per testare un eventuale effetto priming, ossia l’effetto psicologico per cui l’esposizione a uno stimolo (la posizione del governo Meloni) influenza la risposta a stimoli successivi (la posizione sulla carne coltivata), abbiamo condotto un esperimento.
A una parte randomizzata del campione abbiamo sottoposto la domanda sulla carne coltivata nella versione “neutra” senza stimoli (gruppo di controllo), mentre a un’altra parte abbiamo sottoposto la stessa domanda preceduta dalla seguente informazione-stimolo: “Il governo Meloni ha recentemente approvato un disegno di legge che vieta la produzione e l’immissione sul mercato italiano di prodotti alimentari come la carne sintetica”.
La figura 2 mostra la relazione tra il voto alle elezioni politiche del 2022 e la contrarietà nei confronti della carne coltivata nelle due condizioni sperimentali. I dati confermano l’effetto priming ipotizzato: se si passa dalla condizione neutra alla condizione “governo Meloni”, aumenta significativamente la percentuale di contrari tra gli elettori dei partiti della coalizione di centrodestra.
Lo stesso effetto priming invece non sembra esserci per gli elettori dei partiti dell’opposizione: quando si menziona il governo, infatti, la probabilità di essere contrari aumenta leggermente tra gli elettori del M5s e della coalizione di centro (Azione+Italia Viva), mentre diminuisce quasi impercettibilmente tra gli elettori dei partiti del centrosinistra.
Considerando che i dati sono stati raccolti nella primavera-estate del 2023, la nostra aspettativa è che le differenze in funzione degli orientamenti politici oggi siano ancora più marcate, visto che il governo Meloni ha ulteriormente investito nella questione producendo una regolamentazione restrittiva relativamente alla produzione e alla commercializzazione della carne coltivata.
Figura 2 – Percentuali con intervalli di confidenza al 95 per cento di contrari vendita e al consumo di carne coltivata per partito votato alle ultime elezioni e differente condizione sperimentale