Diventa legge un progetto che non esiste
Diamo un’occhiata all’agenda della Camera e sovviene un pensiero positivo: il 9 gennaio l’aula di Montecitorio approva il “Piano strategico Italia-Africa, cioè il Piano Mattei”.
Che bella cosa, si pensa, se ne parla da un anno e finalmente capiremo in cosa consiste il Piano a cui la presidenza del Consiglio conferisce il ruolo primario, nobile, alto e strategico di rafforzare la collaborazione con il continente africano così ricco di risorse eppure così piegato, umiliato, teatro continuo di instabilità politica e violenza sociale tanto da spingere milioni e milioni di persone a migrare verso l’Europa e il nord del mondo.
Il Piano Mattei, la soluzione dei nostri mali, la risposta alle scommesse del futuro e alle miopie del passato. Bene, dunque, si parte. Il governo finalmente fa e dà risposte concrete. “Esame del Piano Mattei”, recita il titolo della seduta. Ore 11, si comincia. Ma le belle speranze evaporano in fretta e il re resta nudo in pochi minuti, quella ventina e poco più che servono per leggere il testo del decreto – sì, perché il Piano Mattei è urgente – e i suoi sette articoli comprensivi dell’entrata in vigore. Il Piano Mattei, non esiste e quella che il Parlamento ha approvato è solo la cabina di regia di una scatola vuota che non ha né mezzi né progettualità per fare alcunché in Africa.
Un clamoroso, ma anche pericoloso, bluff. La premessa del decreto è, come si diceva, alta e nobile. Parla di “necessità e urgenza di promuovere lo sviluppo economico e sociale e di prevenire così le cause profonde delle migrazioni irregolari”, di “rafforzare il coordinamento delle iniziative pubbliche e private per uno sviluppo sostenibile e duraturo”. Un fiume di parole per dire in buona sostanza che se il continente africano potesse conoscere il corretto sviluppo, anche il resto del mondo a cominciare dall’Europa e soprattutto dall’Italia, starebbe meglio. Per farla breve: Piano Mattei = aiutiamoli a casa loro.
Continuiamo la lettura visto che si tratta del testo di un decreto giunto alla votazione finale. Insomma, una legge dello Stato. L’articolo numero 1 individua gli ambiti di intervento del Piano Mattei, una mezza colonna che va dalla “cooperazione allo sviluppo alla promozione delle esportazioni e degli investimenti”, dall’ “approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali”, fino al sostegno all’imprenditoria e soprattutto quella giovanile e femminile”.
Manca la pace nel mondo e l’abolizione della fame nel mondo, amore e salute per tutti ed è stata coperta tutta la gamma di anni di piani di sviluppo e cooperazione. Andiamo avanti con la lettura del decreto, alla scoperta del Piano Mattei. L’articolo 2 prevede la nascita della cabina di regia che è a palazzo Chigi, presieduta da Giorgia Meloni, allargata per grazia ricevuta al ministro degli Esteri, al ministro delle Imprese e del made in Italy e agli altri ministri e poi Ice, Sace, Cassa depositi e prestiti e poi “i rappresentanti delle imprese a partecipazione pubblica, dell’università, della ricerca, della società civile e del terzo settore”.
Sì, avete capito bene: nei fatti si sta creando un governo parallelo che si occuperà di investimenti e sviluppo in Africa al di fuori, al solito, del controllo Parlamentare e delle singole strutture ministeriali. Comanda la premier, la cabina di regia coordina. Il Parlamento sarà informato e aggiornato a cose avvenute una volta all’anno (entro il 30 giugno) quando potrà leggere la Relazione annuale.
Questo giochino andrà avanti “almeno quattro anni” e avrà un proprio staff con due dirigenti generali, due dirigenti e “un contingente di esperti”. Per tutto questo è autorizzata la spesa di circa tre milioni a partire dal 2024. Dunque, riassumendo: il Piano Mattei consta di nuovi incarichi, nuove poltrone, nuova spesa corrente, carta bianca sulle operazioni di cui non si ha mezza idea. C’è da stropicciarsi gli occhi e tirarsi qualche pizzicotto per capire se si sogna o siamo desti.
Il dibattito in aula è un’utile doccia fredda. I gruppi di maggioranza non tentano neppure mezzo intervento. Il viceministro Cirielli siede sul banco del governo aggrappandosi al silenzio per coprire il nulla di ciò che l’aula sta approvando. Diamo qui conto di qualche intervento delle opposizioni, in pratica le uniche voci che si sono alzate nella lunga giornata d’aula, e che hanno agito per una volta all’unisono, come un corpo solo. Benedetto della Vedova (+Europa): “Stiamo votando una cabina di regia vuota della cui azione non conosciamo i contenuti, i target, i fondi per realizzarli.
Né ora né mai”. Federico Fornaro (Pd): “Non trovo altre parole per definire questa roba: un inutile forse dannoso specchietto per le allodole, il solito strumento di propaganda”. Faraone (Italia viva): “Questo decreto svuota le deleghe e i compiti del ministero degli Esteri, dell’istituzione della Farnesina e della sua tradizione diplomatica, apre a percorsi sconosciuti ai più e clientelari”. Fratoianni (SI): “Scopriamo che la Commissione esteri terrà audizioni sul Piano Mattei ma dopo la votazione del decreto. Abbiamo superato il ridicolo”.
L’ex ministro Enzo Amendola (Pd): “L’unica cosa che sappiamo è che Coldiretti, senza alcuna gara pubblica, farà i corsi ai contadini africani. Voi non avete idea di cosa sia l’Africa, della complessità di quel continente dove tutto cambia molto in fretta”. Così come, secondo Bruno Tabacci, ex sottosegretario del governo Draghi, punta il dito contro l‘aula: “Non solo non sapete cosa sia l’Africa, neppure avete idea delle politiche di quel grande italiano che si chiamava Enrico Mattei”. Lia Quartapelle (Pd): “Quale il ruolo delle popolazioni africane?”.
Il problema (cit. Provenzano) è che “anche una scatola vuota come questa può fare del male”. Ecco il Piano Mattei, “già in fase avanzata” come ha spiegato la premier pochi giorni fa in conferenza stampa.