I dem si spaccano
Madia, Guerini e Quartapelle votano (in dissenso) la risoluzione della maggioranza
“Abbiamo votato nel merito, senza vedere le firme di chi aveva presentato quei testi. Abbiamo voluto essere coerenti, con noi stessi prima di tutto, con la storia del Pd, con le nostre scelte di politica estera che non possono cambiare a seconda degli umori e della maggioranza di turno o delle alleanze da costruire”. Perché la politica estera e della difesa è materia troppo seria per diventare merce di scambio al mercato del tatticismo politico. Marianna Madia attraversa il Transatlantico dopo il voto sulle comunicazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto sull’Ucraina.
Non vuol aggiungere altro rispetto al voto che lei, la deputata Lia Quartapelle e l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini hanno voluto manifestare votando, in dissenso dal Pd, la risoluzione della maggioranza e quella dell’ex Terzo Polo, Italia viva Azione e +Europa tornato unito per l’occasione ma contro quella dei 5 Stelle. “Strappo” o “strappetto”, non c’è dubbio che ieri alla Camera c’è stato un riposizionamento, già in corso a livello locale e su più temi, che la segretaria Elly Schlein farebbe bene a non sottovalutare.
La scelta del Pd infatti è stata quella di astenersi non solo sulla risoluzione di Italia viva ma anche su quella dei 5 Stelle che al punto 1 impegnava il governo “ad interrompere immediatamente la fornitura di materiali di armamento alle autorità ucraine”. Leggendo i testi, logica avrebbe voluto che il Pd votasse a favore di quella del Terzo Polo e decisamente contro a quella del 5 Stelle. Un pasticcio non casuale.
È stata senza dubbio un’informativa problematica quella del ministro Crosetto. “Vorrei non dover preparare un nono o un decimo pacchetto, vorrei che l’ultimo fatto fosse l’ultimo”, ha detto intervenendo di prima mattina alla Camera e poi nel pomeriggio al Senato dove il presidente La Russa ha ottenuto di cancellare la discussione generale causa derby Roma-Lazio alle 18 e Capitale non più agibile già dalle prime ore del pomeriggio.
Continuare a sostenere la difesa del popolo ucraino e quindi la guerra contro l’invasione russa è sempre più difficile e inizia a scontare un sentimento diffuso di stanchezza nell’opinione pubblica. Chi governa ne è consapevole. Non solo in Italia. “Ma non ci sono alternative”, ha ribadito il ministro. “Vorrei che il prossimo pacchetto potesse essere di aiuti umanitari alla ricostruzione, per rifare asili, ospedali.
Lo auspico tutti i giorni”. Ma ancora non siamo a questo punto. “Se la Russia smette di combattere scoppia la pace, se l’Ucraina smette di combattere muore l’Ucraina. E con l’Ucraina un pezzo d’Europa, di democrazia, di sicurezza.
Oggi al mondo non esiste un Paese che possa rinunciare alla difesa. La difesa esiste per dare sicurezza e stabilità, e la stabilità porta la pace”. In un paese normale, dove la politica estera non è moneta di facile consenso ma consapevole e minuziosa costruzione diplomatica, sarebbe finita lì. Una risoluzione unica, limata nei punti chiave che è uno soprattutto: lo sforzo diplomatico per raggiungere una pace sicura e giusta.
Ma così non è. Da tempo, anche. Così i gruppi parlamentari hanno presentato cinque diverse risoluzioni: quella di maggioranza, la più snella, tre pagine in cui si chiede di “continuare a sostenere le autorità ucraine con l’invio di mezzi militari” e di “profondere tutti gli sforzi diplomatici, in tutte le sedi, anche in qualità di Presidente di turno del G7 per giungere ad una pace giusta, duratura ed equilibrata”.
La faccenda si poteva chiudere qua. Invece sono arrivati i distinguo. Nella risoluzione del Pd non si parla mai di invio di armi ma di un più generico “pieno sostegno al popolo e alle istituzioni ucraine anche al fine di assicurare quanto previsto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che sancisce il diritto all’autodifesa individuale e collettiva”. Il resto sono impegni e sforzi diplomatici “per immediato cessate il fuoco”.
La risoluzione dell’ex Terzo Polo è forse la più convinta nel sostegno all’Ucraina, sul piano umanitario, militare, diplomatico e finanziario anche tramite il Fondo europeo per l’Ucraina (Eu for Ukraine fund) della Bei e altri due fondi europei satelliti, Ukraine support package e European peace facility. La stessa risoluzione chiede che la prossima Commissione s’impegni sull’ esercito europeo e nel dare continuità al sostegno per tutto il tempo necessario.
La maggioranza infatti lo ha votato compatta. I problemi vengono fuori con i testi dell’Alleanza sinistra e verdi e dei 5 Stelle. I primi chiedono di “interrompere la cessione di mezzi e materiali d’armamento” perché, come ha detto nel pomeriggio il capogruppo De Cristofaro al Senato, “siamo allo stallo totale e inviare armi è del tutto inutile”.
I 5 Stelle picchiano duro: “Non si può parlare di pace ed inviare armi”. Nella risoluzione sferrano un attacco al sistema della Difesa nazionale e al budget per le armi mettendo nel mirino “le trenta multinazionali dell’Aerospazio, Difesa e sicurezza che hanno realizzato ricavi complessivi nel core business della Difesa per oltre 315 miliardi con una capitalizzazione in Borsa di 721 miliardi al marzo 2023”.
In pratica basta Difesa, basta industria della Difesa, basta Nato. Non c’è scritto “forza Russia” ma è come se. La negazione di settanta anni di atlantismo. Invotabile. Eppure il Pd si è astenuto. Tranne Madia, Guerini e Quartapelle che hanno votato la risoluzione Pd, quella del Terzo polo e contro il testo di Sinistra e Verdi e Cinque stelle. In nome della coerenza. E del rispetto per se stessi.