di Damiano Aliprandi
I giudici di Strasburgo hanno ritenuto che ad Antonio Libri non siano state fornite cure sanitarie adeguate durante la sua detenzione,
come indicato da tutti i rapporti medici fino ad agosto 2021
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha stabilito che l’Italia ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti) nei confronti dell’ergastolano Antonio Libri, difeso dall’avvocato Luca Cianferoni e attualmente detenuto presso il carcere di Parma, affetto da gravi problemi di salute tra cui osteoporosi grave con collassi vertebrali multipli e fibromialgia.
Ripercorriamo i fatti. Antonio Libri, condannato per vari crimini, inclusa l’appartenenza alla criminalità organizzata, è attualmente detenuto nel carcere di Parma. Soffre di diversi problemi di salute, è stato riconosciuto disabile al 100% e ha limitata mobilità agli arti inferiori.
Nel gennaio 2017, mentre era detenuto a Rebibbia, ha iniziato a lamentare problemi di mobilità e gli è stato prescritto l’uso di bastoni, un corsetto ortopedico per la schiena, fisioterapia e ulteriori esami. Nello stesso periodo, ha presentato una richiesta di sostituzione della detenzione carceraria con quella domiciliare, da svolgersi presso una struttura sanitaria.
Il tribunale di sorveglianza di Roma ha nominato un perito per la valutazione del suo stato di salute. In una relazione del 3 luglio 2017, il perito ha affermato che, sebbene potesse essere curato in prigione, il ricorrente aveva bisogno di fisioterapia e ha suggerito il suo trasferimento nel carcere di Milano per una migliore cura.
Il 14 luglio 2017, basandosi sulla relazione dell’esperto, il tribunale ha respinto la richiesta di detenzione domiciliare e ha ordinato il suo trasferimento nel carcere di Milano, avvenuto il 26 ottobre 2017. In seguito, in ottobre e novembre dello stesso anno, i medici hanno prescritto fisioterapia, un deambulatore e una sedia a rotelle. Il 3 gennaio 2018, l’ortopedico ha notato che né gli esami né la fisioterapia erano stati effettuati e che al detenuto non era stato fornito un corsetto per la schiena.
Da un carcere all’altro, senza soluzioni
Il 27 marzo 2018, il detenuto ha iniziato il primo ciclo di fisioterapia. Secondo rapporti successivi, non aveva ricevuto né il deambulatore né il corsetto. Gli esami prescritti si sono svolti tra il 7 e l’11 maggio 2018. A quel punto, Antonio Libri ha presentato un’altra richiesta di sostituzione della sua detenzione in prigione con quella domiciliare. Il 25 giugno 2018, il magistrato di sorveglianza di Milano ha respinto la richiesta, dichiarando che il detenuto aveva ricevuto un trattamento adeguato in prigione.
Quindi ha presentato appello e, il 23 novembre 2018, il tribunale di Milano ha ordinato al servizio medico del carcere di effettuare ulteriori esami e fornire al ricorrente la fisioterapia e un corsetto per la schiena. Secondo i rapporti medici emessi nei mesi successivi, le condizioni del detenuto erano stabili, riceveva assistenza per l’igiene personale e altre attività quotidiane, e disponeva di stampelle e sedia a rotelle; per quanto riguarda il corsetto per la schiena, gli era stato autorizzato l’acquisto a sue spese.
I rapporti indicavano anche che il detenuto era in attesa di ulteriori cicli di fisioterapia e suggerivano il suo trasferimento nel carcere di Parma per un trattamento migliore.
Il 15 gennaio 2019, il tribunale di Milano ha ribadito l’ordine di fornire al detenuto un corsetto per la schiena a sue spese e la necessaria fisioterapia. Il 16 febbraio 2019, è stato trasferito nel carcere di Parma, dove è stato collocato nella sezione di assistenza intensiva (SAI). Inizialmente, è stato assegnato a una cella che non gli permetteva di accedere autonomamente alla doccia e veniva assistito da un’infermiera; il 9 maggio 2019, è stato trasferito in una cella senza barriere architettoniche.
La cura impossibile
I rapporti medici emessi nel corso del 2019 indicavano che le condizioni di Libri erano stabili, che gli erano stati insegnati esercizi che poteva fare autonomamente e che, a giugno e luglio, aveva subito due cicli di riabilitazione funzionale con magnetoterapia.
Tuttavia, secondo un rapporto del 17 giugno 2019, aveva anche bisogno di un trattamento di riabilitazione intensiva che doveva essere svolto presso strutture esterne. Il 13 dicembre 2019, il tribunale di Milano ha nominato un perito per esaminare il suo stato di salute e determinare il miglior percorso di trattamento.
Con una relazione del 4 marzo 2020, l’esperto ha dichiarato che l’impedimento alla mobilità del detenuto era parzialmente compensato dalle misure adottate dal carcere e che le sue condizioni non potevano essere considerate incompatibili con la detenzione.
Nel contempo, ha notato che aveva bisogno di un trattamento regolare di riabilitazione per prevenire un aggravamento dei suoi sintomi e ha segnalato alcuni ritardi sia nel fornire tale trattamento, che dei necessari esami e dispositivi ortopedici.
In quel periodo, i rapporti del carcere hanno evidenziato la necessità di un busto e di esercizi di rinforzo, e sottolineavano che aveva svolto due cicli di magnetoterapia tra giugno e settembre 2020. Il 18 settembre 2020, il tribunale di Milano ha ritenuto che la salute del detenuto non era incompatibile con la detenzione e ha respinto la sua richiesta.
Tuttavia, ha notato l’assenza di fisioterapia regolare, attribuendola alla lunga lista di attesa delle strutture sanitarie pubbliche, e ha insistito sul fatto che l’amministrazione carceraria dovesse garantire fisioterapia regolare e l’attrezzatura ortopedica necessaria. L’appello dell’ergastolano contro il rigetto della richiesta della detenzione domiciliare presso strutture sanitarie esterne è stato respinto dalla Cassazione il 28 maggio 2021.
Il 5 luglio 2021, ha subito una visita ortopedica presso l’ospedale di Bologna, che ha indicato la necessità di passeggiate quotidiane, stretching e di un busto ortopedico. Secondo i rapporti carcerari del 18 giugno e del 6 luglio 2021, ha ricevuto il trattamento necessario in prigione, aveva un materasso ortopedico e stampelle, e le sue condizioni erano stabili, sebbene la lista d’attesa per nuovi cicli di fisioterapia fosse lunga.
Un successivo rapporto del 30 agosto affermava che il detenuto non aveva bisogno di fisioterapia costante. Nel frattempo, aveva presentato altre due richieste di sostituzione della sua detenzione con l’arresto domiciliare, respinte dal tribunale di sorveglianza sulla base del fatto che riceveva le cure necessarie in prigione e non c’era rischio di un aggravamento del suo stato di salute.
Violato l’Articolo 3 della Convenzione
La Cedu ha dichiarato l’ammissibilità del caso di Antonio Libri, confermando che la questione sollevata rispetta i criteri stabiliti dalla Convenzione Europea. La Corte ha esaminato l’asserita incompatibilità dello stato di salute del ricorrente con la detenzione, osservando che le sue condizioni erano stabili e che entrambi gli esperti designati dai tribunali avevano concordato sulla sua idoneità a rimanere in prigione, con la possibilità di accesso temporaneo a strutture esterne per il trattamento necessario.
Nonostante la documentata necessità di fisioterapia regolare, inclusa la riabilitazione funzionale in prigione e il trattamento intensivo esterno, la Corte ha evidenziato che i cicli di fisioterapia erano irregolari e limitati. Inoltre, non c’era prova che il detenuto avesse mai beneficiato di un trattamento di riabilitazione intensiva, e nonostante la sua disponibilità a coprire i costi, non gli era stato fornito il busto ortopedico.
Sulla base di tali constatazioni, la Cedu ha concluso che Antonio Libri non ha ricevuto cure adeguate in prigione, violando così l’Articolo 3 della Convenzione, che vieta trattamenti inumani o degradanti.
(Carcere di Parma)