di Marco Merlini
Il disappunto dopo i primi giorni di controlli sulle strade:
«Cittadini disorientati, la segnaletica non è sempre chiara. Ma è difficile farsi multare: tutti sanno dove siamo»
Vista dalla strada, o almeno dalla prospettiva di chi le regole le deve fare rispettare, la Città 30 perde parte del potere salvifico che le viene attribuito e mette in evidenza tutto quello che «negli ultimi 15-20 anni non è stato fatto sul tema della sicurezza stradale a Bologna». A raccontare questi primi giorni di controlli e prove dal vivo è una vigilessa del corpo di Polizia locale del Comune di Bologna.
Come stanno andando questi primi giorni di controlli?
«Lavoriamo sul campo ogni giorno con sei pattuglie. E visti gli organici ridotti di cui disponiamo non si può fare di più. I dieci nuovi agenti che arriveranno quest’anno non bastano neanche a sostituire chi va in pensione».
Che giudizio si sente di dare?
«In realtà prima della Città 30 i controlli sulla velocità non erano così capillari. Sinceramente fatico a capire che senso abbia farli ora, più o meno sulle stesse strade. La gente tra l’altro lo sa in anticipo dove ci mettiamo, perché qualcuno fa uscire i nostri posizionamenti».
Ha un’idea di chi sia?
«Sinceramente no».
Qual è la sua valutazione, da professionista, del provvedimento?
«Mi lascia perplessa. Un conto era mantenere i 30 all’ora entro le mura, anche perché in centro ci sono strade in cui a malapena fai i 20. Però ad esempio, anche nei pressi delle scuole, sarebbe bastato mettere qualche dosso in più per garantire più sicurezza ai pedoni e ai ciclisti».
Che riscontri ha dalla gente che fermate?
«Spesso sono disorientati anche perché parliamo di un provvedimento che si applica a macchia di leopardo. Inoltre non è sempre chiara la segnaletica: in alcune strade il limite è a 40, poi diventa a 30 col dosso e magari intersechi una strada a 50. Sorrido quando sento il sindaco che dice che non bisogna guardare il contachilometri, ma vedere se ci siamo noi a controllare col telelaser in strada».
Non sembra così convinta della Città 30. Perché?
«Negli ultimi 15-20 anni la politica ha sempre parlato di sicurezza, intesa come lotta alla microcriminalità, ma si è dimenticata della sicurezza stradale. I controlli della velocità sono sempre stati pochi, perché eravamo richiesti per altri servizi. Ora si passa dal nulla a un controllo isterico. I telelaser c’erano anche prima, solo che non venivano utilizzati».
Negli anni siete stati impiegati molto come corpo a supporto delle altre forze dell’ordine.
«È vero, ma noi non siamo una polizia, per trattamento economico, per preparazione e per dotazioni. I nostri compiti dovrebbero essere altri».
I contrari alla Città 30 lamentano i pochi controlli su biciclette e monopattini. È vero?
«Negli ultimi anni sono stati poco controllati, ma anche perché per loro è facile divincolarsi e sfuggire. I velocipedi li abbiamo in dotazione solo per servizi di controllo come quelli sul Lungoreno, ma sono anche mezzi obsoleti, acquistati ai tempi di Cofferati. Recentemente ne sono stati presi coi freni a disco, ma sono fermi in magazzino e i pochi elettrici che ci sono, nessuno li usa».
Eppure in questi giorni avete fatto poche multe agli automobilisti.
«Tutti sanno dove siamo e gli Infovelox a 200 metri ti permettono di rallentare prima del telelaser. È difficile farsi multare».
Come si uscirà dalle polemiche?
«Penso che alla fine il sindaco rivedrà alcune zone e farà qualche passo indietro. Certo si sarebbe potuto aspettare la realizzazione almeno dei tram prima di mettere in campo la Città 30».