Il Pd tiene sull’Ucraina, ma resta una fronda che tutto sommato fa comodo a Schlein (linkiesta.it)

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L’ala contiana

Il dissenso di quattro deputati dem sulle armi a Kyjiv dimostra che il partito ha al suo interno, tra elettori e rappresentanti, ancora sostenitori di un’intesa politica con i Cinquestelle

Con il voto della Camera di ieri è passato definitivamente il decreto che autorizza l’invio di armi in Ucraina che prolunga a tutto il 2024 le condizioni già in vigore l’anno passato. Hanno votato a favore duecentodiciotto deputati, solo quarantadue i contrari. Dunque il governo Meloni è automaticamente autorizzato per tutto l’anno a inviare armi e altri equipaggiamenti militari all’Ucraina senza passare dal Parlamento.

Malgrado la questione dell’invio delle armi a Kyjiv susciti sempre grandi tensioni, questa volta il voto è passato inosservato, anche perché a questo giro né la Lega né il Movimento 5 stelle hanno fatto particolari polemiche, come invece era successo nella discussione al Senato: la Lega è rientrata nei ranghi, i contiani si sono limitati a ribadire il loro no agli aiuti alla Resistenza ucraina.

Quanto al Partito democratico, si è registrata la sostanziale tenuta del gruppo che su questo tema in Aula ha sempre tenuto la barra, ma si è cristallizzato il dissenso di quattro deputati: Laura Boldrini, Nico Stumpo, Arturo Scotto e il solito Paolo Ciani, che non fa parte del Partito democratico – è il leader di Democrazia Solidale, o Demos, un piccolissimo partito vicino a Sant’Egidio che si presentò nelle liste del Partito democratico.

Ciani, che ha sempre manifestato il suo dissenso sulla questione delle armi, mesi fa fu scelto da Elly Schlein non senza polemiche come vicecapogruppo. Di Boldrini le posizioni di politica estera sono note, e particolarmente veementi sulla guerra tra Israele e Hamas; allo stesso modo di Stumpo e Scotto, ex Liberi e Uguali, e poi Articolo Uno, molto vicini a Pier Luigi Bersani.

Un dissenso abbastanza circoscritto, dunque, che forse alla segretaria, non frontalmente ostile a queste posizioni, può fare comodo perché possono coprirla a sinistra, secondo un calcolo, che non stiamo attribuendo a lei, piuttosto cinico.

Questa piccola sacca di resistenza alla linea ufficiale pro-Resistenza in fondo rappresenta un pezzo dell’elettorato del Partito democratico e della sinistra “pacifista” dal quale il Nazareno spera di attingere consensi: ecco perché non c’è stata e non ci sarà alcuna battaglia politica verso “i quattro”, o la senatrice Susanna Camusso che a Palazzo Madama manifestò anch’ella il suo dissenso rispetto alle indicazioni del partito.

In sostanza, Boldrini e gli altri sulle grandi crisi internazionali hanno la stessa posizione di Giuseppe Conte. Ma non solo su queste. Perché il segmento che chiamiamo per brevità “pacifista” è esattamente quello che più spinge per un’intesa politica generale con l’avvocato del popolo, ed è come se queste opzioni di politica estera – sull’Ucraina come su Gaza – fossero un lievito per far crescere la torta giallorossa.

Il gruppo dirigente sta un po’ in mezzo: non rinnega le scelte pro-Kyjiv, ma già ha spostato molto la barra sulla guerra al terrorismo in Medio Oriente (mentre nel partito però prende corpo l’idea di connettere la sinistra a Israele, vedremo con quali sviluppi politici concreti).

E se sull’Ucraina i dissensi sono limitati, sull’altra guerra la partita è aperta. La complicata e difficile mediazione raggiunta con la mozione parlamentare di alcune settimane fa ha coperto le divisioni interne. Ma fino a quando?

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