Come si cambia il mondo? (indiscreto.org)

di Francesco D’Isa

La domanda può sembrare esagerata, o troppo 
generale, ma invece è proprio quella che 
dobbiamo porci davanti a problemi strutturali 
come epidemie e riscaldamento globale. 

In questo articolo Francesco D’Isa ha dialogato con il filosofo Laurent De Sutter per capire come riorganizzare l’organizzazione del pianeta Terra.

Nel suo breve pamphlet Cambiare il mondo (Tlon), il filosofo belga Laurent de Sutter estende il concetto di epidemia al mondo intero, suggerendo che dobbiamo rivedere radicalmente il nostro rapporto con l’alterità. L’autore trae ispirazione dal caso dei greci antichi, per i quali «un’epidemia era un sacrificio agli dèi.

Quando una divinità decideva di visitare la città, ovvero entrava per un momento a far parte di un luogo (epí-dêmos, “ciò che è sul posto”), era cosa opportuna ringraziarla in maniera appropriata – perché non capitava tutti i giorni di ricevere una visita del genere». Sono sincero, non credo che i greci accogliessero con gratitudine le epidemie, tutt’altro – ma De Sutter usa questo paragone solo come occasione per la sua analisi affilata e coerente.

Poco dopo, infatti, scrive che «C’è un’enorme difficoltà, che può essere descritta usando poche parole: come abbiamo sempre avuto paura del carattere invisibile di ciò che è in grado di ucciderci, abbiamo fatto in modo di rendere invisibile (o di non voler vedere) ciò che ci consente di vivere. Per dirla in un’altra maniera, viviamo facendo in modo che l’oblio del mondo non sia un problema – accendiamo la luce, tiriamo lo sciacquone, apriamo i rubinetti o compriamo le merci al supermercato senza chiederci cosa comportano le nostre azioni.

Vogliamo credere che la nostra vita non abbia impatto, che sia la pura e semplice energia che ci anima – e ci rifiutiamo di credere che, affinché riesca a fluire, questa energia ha bisogno di quantità sbalorditive di calcestruzzo, asfalto, rame, acciaio o fibra di vetro».

Un’osservazione ineccepibile, che mi ha fatto pensare a come la natura invisibile del male che provochiamo ci privi della responsabilità – in accordo col noto cliché che se dovessimo uccidere personalmente gli animali che mangiamo, molti di noi diventerebbero vegetariani … leggi tutto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *