di Massimo Gramellini
Il caffè
Non siamo qui per criticare Ciro Cerullo, in arte Jorit, l’artista di strada napoletano che ha chiesto e ottenuto una foto con Vladimir Putin. Siamo qui per lodarne anzitutto l’impresa, visto che nemmeno gli inviati del Papa erano riusciti ad avvicinarsi fisicamente al signore del Cremlino e lo stesso Macron si era dovuto accontentare di parlargli dall’altro capo di un tavolo infinito.
Jorit invece ha potuto stringergli la mano, che ha poi sventolato come un trofeo e forse non si laverà per settimane, senza minimamente lasciarsi attraversare dal sospetto che si trattasse di una mano insanguinata. Se proprio gli dovessi trovare un difetto, direi che ha sbagliato a rivolgersi a Putin in inglese, rivelando una deprecabile sudditanza nei confronti del modello culturale anglosassone.
Però si è riscattato quando ha detto di volere una foto con lui per dimostrare alla propaganda occidentale che Putin «è umano come tutti». Mi ha ricordato il Fantozzi in piena salivazione azzerata davanti al megadirettore galattico: «Com’è umano, Lei…».
Ma il vero motivo per cui Jorit merita tutta la mia stima è la coerenza. Stiamo parlando di uno che è andato nella Mariupol sventrata (lui direbbe liberata) dai russi per disegnare un murale che raffigura una bambina bombardata dai missili della Nato.
Un perfetto artista di regime che non ha mai preteso di essere equidistante, a differenza dei tanti pacifisti a senso unico che, appena gli dici che stanno facendo il gioco di Putin, si offendono pure.