Segre: la zona d’interesse? Era dentro ad Auschwitz (corriere.it)

di Elvira Serra

Il caso La senatrice: non vedrò il film

«non vedrò il film: la zona d’interesse era dentro Auschwitz»: la senatrice Segre sulla pellicola premio Oscar.

L a zona d’interesse ? «Si sarebbe dovuto intitolare La banalità del male . E comunque non l’ho visto, non mi voglio male, tant’è vero che sono arrivata a 93 anni». La parola genocidio? «Adesso viene usata per parlare di qualunque cosa, di qualunque guerra, di qualunque battaglia, di qualunque presa di posizione. Mentre io l’ho conosciuta e per miracolo mi ha risparmiata». Il conflitto in Israele? «È una cosa talmente dolorosa che, francamente, spero ogni giorno che finisca».

La senatrice a vita Liliana Segre interviene sull’attualità più stretta a margine della mostra L’amore non ha colore , un progetto fotografico del ritrattista Lucas Possiede per l’associazione Mamme per la pelle, in corso al Memoriale della Shoah di Milano fino al 7 aprile.

Sottobraccio al prezioso Giovanni della sua scorta, con il figlio Luciano Belli Paci e la fondatrice dell’associazione Gabriella Nobile, al termine della visita dice subito al Corriere : «È talmente forte lo scontro tra l’atmosfera di questo posto e l’atmosfera della mostra, con gli scatti delle famiglie adottive felici, che ti dà la speranza che non tutto sia perduto. Io da qui sono partita per andare verso il genocidio, che per miracolo mi ha risparmiata, e vedere queste foto di volti sorridenti, di bambini che vengono da tanti Paesi diversi, ti dà una ventata di ottimismo. In queste immagini la parola razza ha quel significato che le dà la nostra Costituzione: il problema sono i razzisti, non la parola».

La senatrice a vita non usciva pubblicamente dal 30 gennaio, quando proprio qui, assieme alla Comunità di Sant’Egidio, aveva ricordato la partenza sua e di suo padre Alberto dal Binario 21 verso Auschwitz, ottant’anni fa. Ieri, in compagnia dell’amica Liliana Konigsman, ha accettato di conversare su tanti temi, a partire dalla pellicola di Jonathan Glazer vincitrice dell’Oscar per il miglior film straniero.

«Sarebbe stato meglio intitolarlo La banalità del male , perché è quel che riguarda quella famiglia nella sua villetta civettuola. La vera zona di interesse è dove stavamo noi, con quello che succedeva nei campi di sterminio: lì dentro nessuno sapeva niente di quello che succedeva fuori. Non escludo che il giorno in cui questo film dovesse passare su Netflix mi possa venire stranamente la voglia di farmi male e me lo possa vedere da sola, nel segreto della mia camera. Ma a che pro? Nessun film può restituire quello che abbiamo vissuto. Neppure Schindler’s List c’è riuscito».

E sulle infelici uscite di Massimo Ceccherini e di Sabrina Ferilli, è tranchant : «Quello che sta succedendo adesso è uno zolfanello che si è acceso sotto quell’antisemitismo che noi tutti sappiamo c’è da sempre, solo non era esploso così ufficialmente come adesso». A loro però non vuole replicare: «Tornando a La zona d’interesse , intesa come La banalità del male , io direi di leggersi Hannah Arendt e non i post della Ferilli».

Sulla situazione di Gaza, Liliana Segre insiste sul tema che più le sta a cuore: i bambini. «A me interessa sempre salvare i bambini, tutti. Gli adulti fanno degli errori di cui le prime vittime sono loro». Del conflitto in Israele aggiunge: «No ho la forza né mentale né fisica per affrontare la televisione di ogni giorno. È una cosa che mi turba profondamente, mi dispera».

Chiudendo con la serata degli Oscar, ammette di aver visto Io capitano , di Matteo Garrone: «Mi è piaciuto molto, è un film bellissimo». Avrebbe voluto che vincesse la statuetta? «Non avendo visto La zona d’interesse , non lo posso dire. Però, tanto, vincono sempre gli ebrei».

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