L’invasione dei migranti non esiste. Ma la Destra la cavalca lo stesso (lespresso.it)

di Bianca Senatore

IL FENOMENO

Il governo Meloni sfrutta lo spauracchio dell’emergenza degli arrivi dal Nord Africa. Ma, numeri alla mano, l’emergenza non c’è. E i recenti decreti in materia peggiorano le cose

«Sono sbarcato a Lampedusa in un mercoledì di luglio e il martedì successivo ero già in Francia, dopo aver attraversato le montagne. Non mi sarei mai fermato in Italia, a meno che non mi avessero arrestato». Bakari, giovane sudanese, lo racconta dalla sua nuova vita in Europa e conferma così un dato non ufficiale, ma ufficiosamente riconosciuto: circa il 60 per cento dei migranti che sbarcano sulle coste italiane non si ferma e prosegue il suo viaggio.

Eppure, nel corso del 2023 e poi anche in questi primi mesi del 2024, il tema dell’immigrazione è stato sempre affrontato dalla politica in termini catastrofisti. In particolare, si è parlato di «sbarchi record» per alimentare una propaganda anti-immigrati, che, per la verità, la destra cavalca ormai da anni.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nei mesi scorsi ha più volte parlato di «difesa dei confini» per frenare «l’invasione» dei migranti provenienti dalle coste del Nord Africa. I numeri, però, raccontano una storia ben diversa. Nessuna invasione, nessun attacco all’Italia.

Secondo i dati dello stesso ministero dell’Interno, nel 2023 sono sbarcate in Italia 157.652 persone, cioè molte di meno di quante ne erano arrivate nel 2014 e soprattutto nel 2015, anno davvero record per gli arrivi in Italia e non solo. In quei mesi, infatti, c’era stata la cosiddetta crisi europea dei migranti e molti Paesi, tra cui l’Ungheria di Viktor Orbán, avevano fatto costruire dei muri per bloccare l’ingresso alle frontiere.

L’anno scorso, in particolare in estate, c’è stato effettivamente un incremento degli sbarchi in Italia, con una crescita del 67 per cento rispetto al 2022 e un aumento del 133 per cento rispetto al 2021. Malgrado questo, la situazione generale è rimasta sempre decisamente sotto controllo. Da Sud a Nord della Penisola.

Sì, perché al centro dell’attenzione del governo c’è sempre e solo la rotta del Mediterraneo centrale, mentre si ignorano totalmente gli ingressi via terra. Il ventinovesimo “Rapporto sulle migrazioni 2023” della Fondazione Ismu, infatti, dice che nel 2023, tra gennaio e novembre, ci sono sono stati oltre 11 mila arrivi dalla rotta balcanica. Erano prevalentemente giovani uomini provenienti da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh. Anche in questo caso, però, l’Italia è stata terra di passaggio. Una tappa prima di ripartire in direzione Francia, Germania o Svizzera.

E poi c’è anche chi resta, certo. «Mi sento al sicuro qui, sto aspettando che mi chiamino per il colloquio per poi ottenere i documenti». Aminata è scappata dal Sudan, si è imbarcata dalla Libia e, quando stava per annegare, è stata salvata dalla Guardia costiera italiana. Una volta al porto, ha subito fatto domanda d’asilo, così come hanno fatto altre 135.820 persone nel 2023.

Un numero superiore a quello del 2022, ma decisamente inferiore alle 329 mila istanze presentate in Germania, alle 145 mila della Francia e alle 160 mila della Spagna. Dunque, in Italia non c’è nessuna emergenza o invasione, nemmeno da questo punto di vista.

Una criticità, invece, esiste nel sistema di accoglienza. Dopo la tragedia di Cutro, il governo ha varato un decreto legge con nuove norme e regole, che hanno, di fatto, distrutto il sistema precedente. Il quale, per la verità, già non era il massimo. «Il decreto Cutro sta creando più problemi di quanti ce ne fossero prima», dicono le associazioni che si occupano di accoglienza sui territori.

Anche la Caritas ha segnalato che la nuova normativa presenta moltissime criticità sia dal punto di vista etico sia dal punto di vista legale. La Corte di Cassazione, per esempio, ha espresso dubbi sul testo. «La Corte Ue si esprima sulla cauzione da cinquemila euro per i richiedenti asilo», hanno detto i giudici di legittimità.

Al decreto Cutro si è poi aggiunta un’altra disposizione che il governo Meloni ha emanato dopo che lo scorso settembre, a Lampedusa, sono sbarcate settemila persone in 24 ore. Con il decreto legge 124, tra le altre cose, si allungano fino a 18 mesi i tempi di permanenza nei Cpr (Centri per il rimpatrio) e si dispone la costruzione di altre strutture analoghe. Nel decreto, tra l’altro, si prevede che anche i minorenni vengano detenuti negli stessi Cpr degli adulti.

«Con questo decreto – ha commentato l’organizzazione umanitaria Intersos – non si affronta alcuna emergenza, ma si peggiora solo la situazione dell’accoglienza. Portando, peraltro, l’Italia su posizioni mai avute prima sul fronte dei diritti dei più piccoli e dei più giovani». La disciplina approntata dall’attuale governo sul tema migratorio, quindi, non affronta la situazione, al contrario, aggrava le condizioni dei migranti.

Paradossalmente (ma forse l’obiettivo primario era proprio quello) si crea ancora più irregolarità, spingendo in strada chi avrebbe ancora potuto godere di protezione; favorendo l’instabilità di chi avrebbe ottenuto il permesso speciale di soggiorno per motivi di lavoro e di integrazione; lasciando nell’ombra una parte di popolazione che spesso già lavora in Italia, ma in nero.

Mentre il governo fa la guerra ai migranti, le aziende chiedono più manodopera. Molti settori, in Italia, hanno urgenza di trovare lavoratori, in particolare nel Nord Est, ma anche in molte altre regioni.

Teoricamente, per rispondere alle richieste dell’industria, il governo ha approvato il decreto Flussi, che prevede l’ingresso di 151 mila lavoratori, ma concretamente questo testo, come i precedenti, non risolverà i problemi. Né quelli dei migranti né quelli degli imprenditori.

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