di Mario Lavia
Circo Santoro
Cinquestelle e Lega stanno con l’autocrate del Cremlino, ma il Capitano ormai è in dismissione. Assieme a Conte, resta un’accozzaglia progressista
Essendo un uomo intelligente, Paolo Virzì, regista dichiaratamente di sinistra, ha detto a Piazzapulita una verità: sull’Ucraina meglio Giorgia Meloni di Giuseppe Conte. Lo ha detto quasi scusandosene. Però è incontestabile che la leader di Fratelli d’Italia, nonché presidente del Consiglio, sulla Resistenza ucraina abbia una posizione più giusta e coerente di quella del capo dei Cinquestelle – che nel corso dei due anni che ci separano dall’invasione russa è andato sempre più marcando la sua idiosincrasia per la causa di Kyjiv.
Il fatto è che l’Ucraina continua a spaccare il mondo politico. La distinzione tra due gruppi regge: Pd-Azione-Italia Viva-Forza Italia-Fratelli d’Italia da un lato della barricata e Sinistra-M5s-Lega dall’altro, pur con tutte le sfumature del caso in entrambi gli schieramenti. Insomma, è questo forse il principale terreno sul quale rinasce l’intesa giallo-verde, mediante l’intreccio di populismo, spinte reazionarie, negazione dei valori atlantici e occidentali.
Ma ora che la guerra di resistenza degli ucraini è entrata nella fase più difficile – quante volte lo abbiamo scritto, ma stavolta è davvero dura – e il mondo libero stenta a cambiare marcia nel sostegno all’Ucraina, i gialloverdi non stanno guadagnando terreno. È una fortuna.
In teoria potrebbero lucrare sulla nuova paura dell’entrata in guerra alimentata da varie parti e far finta di fare i “pacifisti” (in verità Conte ci prova ma adesso deve fare i conti con chi è più “puro” di lui, Michele Santoro con il suo circo), ma è anche vero che l’omicidio di Alexei Navalny e la farsa elettorale russa non inducono certo la gente normale a tifare per Mosca.
E poi, soprattutto, c’è la doppia crisi dei gialli e dei verdi. Se l’abilità negozial-ricattatoria ancora mette Conte al riparo di un crollo politico, per Matteo Salvini la notte politica incombe. Infatti le opposizioni, tranne Matteo Renzi, hanno presentato una mozione di sfiducia individuale proprio a causa dei mai smentiti legami tra la Lega e il Cremlino: concretamente non serve a niente ma è pur sempre un gesto politico.
Questa “adunatina nera” di oggi a Roma andrà ancora peggio di quella del 3 dicembre a Firenze, e non solo perché anche stavolta mancheranno i big europei, a partire da Marine Le Pen che ha capito l’aria che tira, ma daranno buca i “suoi”, gli Zaia e i Fedriga e anche i Romeo e i Centinaio, cioè le guardie del corpo che preferiscono starsene a casa piuttosto che partecipare a un’altra grottesca rappresentazione fascistoide.
La verità è che il maggiore avamposto putiniano in Italia sta venendo giù con il terreno che sta mancando sotto i piedi dell’ex Capitano, ormai assistito, cioè commissariato, da una specie di comitato di salute pubblica mentre lui va come un pazzo verso le elezioni Europee dove rischia l’infamante (per lui) sorpasso di Forza Italia.
L’effetto di tutto ciò sarà che il partito putiniano sarà interamente identificato a sinistra, nel “circo Santoro”, nei bonelliani con Nicola Fratoianni, e in zone ben note del Partito democratico che cercherà di arraffare consensi “pacifisti” con candidati tipo Marco Tarquinio, Cecilia Strada, Sandro Ruotolo, a scapito di filo-ucraini riformisti.
Una piccola cinica operazione elettoralistica. Che non dovrebbe mutare la linea di fondo dei dem sul sostegno all’Ucraina. Speriamo, almeno. Altrimenti Virzì dovrà addirittura preferire Meloni a Elly Schlein, che pare davvero troppo.